mercoledì 28 novembre 2012
ANTROPOS OSPITA IL TEATRO REGIO DI TORINO
Nel corso della prima parte 'incontro con Walter Vergnano, Sovrintendente del teatro, si parla dei problemi inerenti la gestione di una fondazione lirica, dei tagli implacabili operati dal Governo e dell'entusiasmo necessario ad organizzare la più complessa macchina artistica :l'opera.
lunedì 26 novembre 2012
CALL GIRL di Mikael Marcimain
Al
Torino Film Festival “Call girl”, un film che doveva essere un
thriller politico classico diventa, invece, un giallo sociale.
“Call
Girl”, presentato alla trentesima edizione del Torino Film
Festival, avrebbe potuto essere un film d'attualità, se non fosse
stato ambientato nella Svezia di fine anni settanta.
In
quegli anni il paese, la Svezia appunto, viveva un momento
particolarmente delicato, attanagliata da una grave crisi economica,
stordita da un profondo mutamento di costumi e stretta nella morsa
di una grande incertezza politica: dopo anni di governo, infatti, i
socialdemocratici rischiavano di perdere le elezioni.
La
campagna elettorale delle controparti era già violenta quanto quelle
cui assistiamo oggi, e gli ingranaggi della macchina politica erano
già marci quanto quelli attuali.
Un
giro di squillo di alto bordo è la giostra cavalcata da un manipolo
di alti dirigenti statali, tra cui un ministro. Cosa c'è di nuovo
rispetto ad oggi?
La
giostra è nota a tutti, anche ai servizi segreti che la tollerano
fino al momento in cui non diventa necessaria una manipolazione
elettorale. Anche questo l'abbiamo visto...
La
bomba esplode quando nel giro entrano due minorenni e un agente più
corretto e meno corrotto degli altri. Lì, inizia la storia della
giovane protagonista e di una sua amica.
Anche
in questo film di Mikael Marcimain, regista svedese vincitore del
Prix Italia nel 2008 al suo esordio con i cortometraggi, è
necessario cogliere lo sforzo di entrare nella complessità dei
personaggi e delle loro fragilità. Per capire come può una ragazza
allo sbando perdersi immancabilmente; per cogliere le fragilità che
dominano l'uomo rendendolo incapace di fare un uso corretto del
potere; per vedere le falle del sistema che permettono la garanzia a
chi specula sulle macerie umane.
La
lettura del film avviene alla luce di un paese che, in quegli anni,
stava vivendo un momento di liberazione sessuale e di grande
confusione.
Potrebbe,
certamente, aiutare a condurre un'analisi approfondita su quanto
accade oggi in Italia, paese devastato dalla crisi economica, dei
valori e dei costumi...
AZ DO MESTA AS di Iveta Grofova
Al
Torino Film Festival un film ambientato in Slovacchia narra la storia
dell'emigrazione di una ragazza nella Boemia occidentale.
In
ogni parte del mondo l'emigrazione è un flusso intermittente di vite
che si spostano, si salvano e, spesso, si spengono.
In
questo primo lungometraggio di Iveta Grofova, laureata presso la
Academy of Performing Arts di Bratislavia e specializzata in cinema
documentario, una ragazza, Dorota, dopo aver ottenuto il diploma
decide di emigrare da un paesino della Slovacchia, verso la Boemia
occidentale, in cerca di un lavoro agognato nella sua terra.
La
sua non è esattamente una scelta, come spesso accade quando si
abbandona il proprio luogo natio, ma è una forte esortazione della
famiglia priva dei mezzi necessari a sostentarla.
Troverà
lavoro come sarta in una condizione disagevole e di estrema
precarietà.
Perderà
il lavoro e il denaro necessario a sopravvivere. Chiederà aiuto alla
famiglia che non l'accoglierà ma l'abbandonerà a se stessa.
La
regista è riuscita a ricreare l'ambiente e le condizioni di estremo
disagio sociale nel quale la ragazza si trova a sopravvivere.
Il
suo impegno è stato quello di spiegare, meticolosamente, quali
possano essere le tappe del doloroso percorso che conduce alla
prostituzione, perchè lo spettatore provi a guardare prescindendo da
superficiali giudizi morali.
Alcune
scene sfiorano il grottesco, con unioni tra giovani ragazze e
personaggi sgradevoli che, pur nella loro solitudine malinconica, non
hanno alcunché di poetico, arrivando a sfiorare l'antica
rappresentazione de “La Bella e la Bestia”.
L'impegno
della regista, non a torto, è quello di nebulizzare le riprese più
crude per lasciare solo l'effetto acustico dei dialoghi sconci:
l'effetto ne viene decuplicato, e il senso dell'orrore cresce
nell'immaginazione di chi guarda.
Solo
alcuni tremolanti bozzetti a carboncino, che si alternano alle scene
pornografiche, sdrammatizzano quell'atmosfera cupa e senza speranza:
un'altra buona idea.
La
ragazza troverà la salvezza solo nell'unione definitiva con uno
degli “orchi” che l'ha posseduta e che, solo e infelice a sua
volta, le offre affetto e una vita sicura. Finiranno per volersi bene
davvero.
Ecco
come avvengono i matrimoni tra giovani emigrate e anziani signori
benestanti.
Per
qualcuno, queste tematiche sono drammaticamente “già viste”.
Per
molti è una cocente realtà e il cinema ogni tanto dovrebbe
impegnarsi a rappresentarla nella sua crudezza. Si chiama “cinema
impegnato”, come quello che si vede al Torino Film Festival.
Non
so se è il cinema più bello. Certamente è necessario.
domenica 25 novembre 2012
UNA NOCHE di Lucy Mulloy
E'
stato presentato al Torino Film Festival “Una Noche “, il primo
tassello della trilogia di Lucy Mulloy .
Che
colpo al cuore!
Cuba:
un paradiso di infelicità, una perla di povertà, uno spaccato di
natura di ineguagliabile bellezza, un luogo magico, eppure, stipato
di sofferenza e umiliazione.
Il
film “Una Noche” della regista, inaspettatamente inglese, Lucy
Mulloy, presentato alla trentesima edizione del Torino Film Festival,
è stato un vero sparo in petto.
La
storia (vera, purtroppo ) di due fratelli uniti da un amore profondo
e divisi da un incontro fondamentale, sembra scritta dal più bravo
sceneggiatore, invece, si tratta di uno dei tanti drammi cui è
condannata la popolazione di questa isola di smeraldo.
C'è
ogni aspetto di questa triste realtà: il degrado, lo sbando di
infanzie abbandonate, la repressione di una polizia cieca e piegata
al potere, l'aids, che aleggia come nebbia tra le strade e un sordo
desiderio di amore omossessuale.
Ma
il laccio al collo che riduce all'asfissia la vita dei cubani è
quell'ossessione che li domina per tutto il corso della vita: la fuga
dall'isola; l'approdo nella speranza di un mondo migliore: le coste
di Miami situate a sole (sole...) 90 miglia dalle loro coste
incandescenti come braci.
Da
lì si sviluppa la storia e il dramma dei tre ragazzi.
Ciò
che fa rabbrividire lo spettatore è lo sguardo sui turisti
sbirciati dal mondo dei cubani: la volgarità di idioti che cavalcano
moto d'acqua tra profughi allo sbando che tentano la fuga, o l'orrore
di obesi bianchi mollicci che comprano il sesso di giovani e vecchie
per due soldi e un pugno di dignità.
C'è
da vergognarsi anche ad ordinare un “Cuba libre” nei bar
alla moda se, ogni volta, non si prova un brivido al pensiero di
quanto possa essere disperato quell'urlo.
Lucy
Mulloy ha studiato filosofia, politica ed economia a Oxford e,
successivamente, si è laureata in cinema all'Università di New
York.
E'
il suo primo lungometraggio. Speriamo vivamente che non sia l'ultimo.
E'
una speranza e un augurio sincero.
sabato 24 novembre 2012
NO di Pablo Larrain
Racconta
la fine della dittatura di Pinochet il primo film della rassegna del
30° Torino Film Festival
La
rassegna inizia con un film di commovente allegria...
Lo
spettatore viene catapultato nel Cile del 1988 con un realismo
incredibile, grazie anche all'uso sapiente di telecamere Igekami del
1983 che rendono fluido l'inserimento di immagini di repertorio del
tempo.
Pinochet,
incalzato dalla comunità internazionale, viene costretto ad indire
un referendum che sancisca il prolungamento del suo Governo di altri
otto anni.
Il
fronte del “NO” inizia ad organizzare la sua implacabile
battaglia che non fa ricorso alla protesta violenta ma ad una sana
guerra mediatica, ingaggiando, per la propria campagna elettorale,
Reneè Saavedra ,il più virtuoso pubblicitario che lavora alle
dipendenze governative.
A
differenza di quanto fosse immaginabile, il brillante creativo non
costruirà la propria strategia su atti, parole e immagini di
denuncia dei soprusi che in passato esercitò la dittatura sul popolo
cileno, né sul moto di dolore di tutti coloro che hanno subito lutti
e povertà. Lo spirito del messaggio trasmesso da Saavedra si baserà
sull'allegria di chi ha superato il dramma del passato e sente
crescere forte l'allegria per un entusiasmo ritrovato, nonché la
forza necessaria a costruire un nuovo futuro migliore.
E'
interessante vedere la costruzione del linguaggio della
comunicazione, anche e soprattutto in presenza di scarse risorse e
sotto la pressione minacciosa della polizia.
E'
buffa la reazione di un manipolo di vecchi dirigenti del fronte
comunista che insorge sdegnata di fronte ad una campagna che
dimentica il dolore per lasciare spazio all'allegria.
E'
fantastico il crescendo emotivo di un messaggio che, sequenza per
sequenza, passa dallo stato ridicolo a quello commovente.
Pablo
Larrain, bravo regista che ha ottenuto numerosi riconoscimenti
internazionali, ha ben gestito l'incertezza del pubblicitario che
tentenna nella scelta di abbandonare il proprio incarico, ben pagato,
presso l'agenzia nazionale per schierarsi laddove risiedono i suoi
ideali e quelli di tutti gli affetti più vicini ( compreso un padre
ucciso dalla dittatura e una ex- moglie combattente ).
Sarà
abbastanza ambizioso da non rinunciare al suo cliente danaroso,
abbastanza onesto da accettare l'incarico dal fronte di opposizione,
abbastanza umano da cercare di mediare tra i due fronti senza
ostentare fanatismi da guerrigliero, molto bravo da montare la più
suggestiva campagna elettorale che decreterà la fine del regno di
Pinochet.
Il
Torino Film Festival , nel 2008, aveva premiato Larrain per il suo
Tony Manero.
Fu
un giudizio lungimirante, perchè è un regista bravo. Bravo
davvero.
giovedì 15 novembre 2012
DARWIN PASTORIN PRESENTA IL LIBRO DI ANTONELLA FRONTANI
Lunedì 19 novembre, nella Sala Gioco del Circolo dei Lettori di Torino, Darwin Pastorin - Direttore di Quarta Rete Tv - ha presentato il libro Non è stata colpa tua di Antonella Frontani.
LA RECENSIONE DI MASSIMO NOVELLI DI REPUBBLICA
IL LIBRO DELLA SETTIMANA : 'Non è stata colpa tua'
Nella produzione sterminata di opere di narrativa italiana, spesso inutili e di basso livello, si distingue nettamente, in positivo, il romanzo ' Non è stata colpa tua' di Antonella Frontani, giornalista e scrittrice che vive e lavora a Torino. E' stato pubblicato da Seneca, editore torinese.
Scritto bene, con uno stile incisivo ed asciutto, essenziale, il romanzo racconta la storia di una donna che, dopo aver perduto in modo tragico l'uomo che amava, riscopre all'improvviso la voglia di vivere e forse anche di amare. Lo fa insieme alla figlia, una giovane pianista costretta sua una sedia a rotelle, che, nonostante la sua condizione, riesce a vincere la malattia, le paure, e a tenere felicemente il primo concerto.E' una storia umanissima e commovente, attraversata da citazioni colte di musica e di letteratura, che si legge tutta d'un fiato, come si suole dire, e che ti resta dentro, non si dimentica, come del resto non si dimenticano le cose vere, fondamentali, della vita, di cui questo libro è parte.
a cura di Massimo Novelli
LA RECENSIONE DI TORINO MAGAZINE
Giornalista e per la prima volta scrittrice, Antonella Frontani è una donna che fa delle parole il suo mestiere. Indaga e rivela la parte più interiore dell'essere umano attraverso le parole di un'altra donna, Adele, la protagonista del suo libro, intrappolata in una vita che non le piace e un nodo che non la lascia andare. Parole scandite dal ritmo della musica, grande passione della scrittrice che con maestria infonde nelle pagine del romanzo. 'Non è stata colpa tua', è un flusso continuo che mette a nudo l'emotività delle persone, quella che non si vede, l'intensa interiorità che vive di vita propria, mostrando la durezza e la forza che realmente non si ha. Antonella ha avuto fin dall'inizio le idee chiare: struttura circolare in cui i personaggi si ritrovano, sguardi al passato e dialoghi brevi per lasciar spazio alle emozioni. Un libro che si legge o, più che altro, fa leggere dentro.
LA RECENSION DEL GIORNALE DELL'UMBRIA
mercoledì 14 novembre 2012
PAURA DEI VACCINI
Come ogni anno è stato annunciato l'arrivo di un' epidemia influenzale sempre più aggressiva.
All'esame di alcuni vaccini destinati alla campagna preventiva sono state riscontrate impurità che hanno destato allarme.
Ad Antropos il dr. Giovanni Di Perri - Ordinario Malattie Infettive Università di Torino - parlerà delle caratteristiche dell'influenza e delle più gravi malattie infettive, del ricorso all'attività preventiva, nonché delle nostre paure nei confronti dei vaccini e delle loro possibili conseguenze.
All'esame di alcuni vaccini destinati alla campagna preventiva sono state riscontrate impurità che hanno destato allarme.
Ad Antropos il dr. Giovanni Di Perri - Ordinario Malattie Infettive Università di Torino - parlerà delle caratteristiche dell'influenza e delle più gravi malattie infettive, del ricorso all'attività preventiva, nonché delle nostre paure nei confronti dei vaccini e delle loro possibili conseguenze.
domenica 11 novembre 2012
IL MINISTRO PROFUMO CELEBRA CAVOUR
La
Fondazione Camillo Cavour ha presentato l'Epistolario che racconta la
vita politica e personale del maggiore rappresentante del
Risorgimento.
Santena,
Castello Cavour : non ero inviata. Ero un'invitata.
La
Fondazione Camillo Cavour, la Commissione Nazionale per la
pubblicazione dei carteggi del Conte di Cavour e il Centro Studi
Piemontesi, hanno celebrato la presentazione dei 34 tomi
dell'Epistolario Cavouriano, operata dal decano della Commissione
Professor Carlo Ghisalberti.
Non
ero stata inviata dal mio giornale. Sono stata gentilmente invitata
dai membri della Fondazione, alla quale, mi unisce una passione senza
freni per la figura di Cavour e una cordiale amicizia con il suo
Presidente, Nerio Nesi.
Come
poter ignorare un evento così seducente?
La
pubblicazione dei Carteggi in questione racchiude gli esiti di un
lavoro certosino durato cinquanta anni per racchiudere la storia
epistolare del “Genio Illuminato” del Risorgimento, dalla prima
letterina sgrammaticata risalente alla primavera del 1815, conservata
all'Archivio di Santena, fino all'ultimo telegramma firmato “Cavour”,
spedito il 2 luglio 1861 e conservato all'Archivio Storico del
Ministero degli Esteri a Roma.
I
34 tomi sono racchiusi in 21 volumi di complessive 16.652 pagine.
L'Epistolario raccoglie 8.600 lettere, private, confidenziali
o particulières scritte dal
Conte tra il giugno del 1815 e il giugno 1861, correlate a circa
7.000 responsive di corrispondenti vari, per un totale di circa
15.600 missive.
Una
raccolta emozionante. Un lavoro incredibile...
Le
lettere che Cavour scriveva, soprattutto quelle di carattere politico
riservatissimo che inviava a principi e sovrani, ministri e
ambasciatori, emissari segreti e banchieri, sono state oggetto di
immediate, compulsive ricerche da parte di più soggetti interessati,
a partire dalla sua scomparsa, e sono diventate parte di raccolte
cariche di infedeltà e incompletezze, manipolazioni, omissioni e
datazioni arbitrarie.
Non
era facile riordinare un tale marasma.
Ma
tanto, faticosissimo lavoro di ricerca e interpretazione dei fatti
storici, assume un grande fascino perché racconta la storia, il
lavoro, la filosofia, il genio dell'uomo politico più saggio di
tutta la scena politica italiana nel corso dei suoi
centocinquant'anni.
Lo
statista astuto e liberale.
Astuto
perché giocò sul rischio rivoluzionario, temuto dalle potenze
europee, per avere il via libero alla unificazione nazionale sotto lo
statuto sabaudo. Liberale, perché trasformò il regime sabaudo in
regime parlamentare.
Morì
giovane e la sua grande opera è racchiusa in un decennio, periodo
straordinariamente breve se si pensa alla portata che ebbe.
La
sua fu una lotta su più fronti, in difesa di un'ideale così alto
come quello dell'unificazione del paese e dello sviluppo del sistema
parlamentare. Per Cavour l'obiettivo più grande da raggiungere era
la forma di Governo, più che le conquiste territoriali. Ci voleva
lungimiranza per pensarlo....
E
i nemici venivano da destra, dai conservatori cui premeva un'Italia
divisa, e da sinistra, dalla visione garibaldina, troppo idealista,
di nazione unita.
Sopravvisse
al re Vittorio Emanuele che tentò più volte di sostituirlo alla
Presidenza del Consiglio, in favore di una figura politica più
docile ed obbediente.
Era
un genio, Cavour, ma anche un uomo solo che si trovò a percorrere un
sentiero politico tortuoso, durante il quale fu abile a destreggiarsi
tra le due fronde opposte di pensiero, la destra e la sinistra, fino
a neutralizzarle, realizzando quell'operazione supremamente ardua,
quasi paradossale, di compiere una rivoluzione conservatrice.
La
sua azione fu di economista, agronomo, politico, stratega militare,
paladino della forma democratica. Nessuno raggiunse mai una tale
visione d'insieme nell'ambito politico.
Il
Ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, oggi presente alla
cerimonia nella dimora cavouriana, ha sottolineato la capacità del
genio che, allora, ebbe la lungimiranza di prevedere l'Unità
d'Italia, e ha ricordato la necessità che oggi una mente sia in
grado di intravedere un'Europa, finalmente, Unita.
Se
è vero che “sono gli uomini che fanno i luoghi”, oggi Santena
non è solo un punto geografico ma un “luogo” di memoria,
raccoglimento, respiro della storia. E' la terra sacra del padre
della Patria, il luogo in cui trovava conforto un uomo che ha
compiuto l'opera di cui tutti dobbiamo essergli grati.
Commoventi
le fronde silenziose, dai colori autunnali, dello splendido parco
che circonda la Residenza: sembrano raccontare anche i silenzi delle
fatiche del Conte
Ecco
perché sono riconoscente alla Professoressa Rosanna Roccia.
Perché
ha dedicato trent'anni della sua vita di storica al compimento
dell'opera che è stata presentata oggi e che garantirà la memoria
di un pezzo importante della nostra storia.
lunedì 5 novembre 2012
LA CITTA' CHE NON C'ERA
A Torino è avvenuta una metamorfosi come in nessun'altra città italiana è accaduto.
Fiorenzo Alfieri, uno dei protagonisti indiscussi di questo cambiamento, nel suo libro " La città che non c'era", narra il percorso magico che ha portato fino allo splendore attuale della vecchia "città grigia"
Ad Antropos sono state ripercorse le tappe principali, dagli albori della rinascita, attraverso le Olimpiadi, fino ai festeggiamenti per il 150° anno dalla'Unità d'Italia.
Antonella ha intervistato Fiorenzo Alfieri martedì 30 e mercoledì 31 ottobre, alle ore 20.00, su Quarta Rete Tv e in diretta streaming al sito www.quartarete.tv
Puoi vedere le due puntate in You tube - Canale Ambinetiamoci - ( accesso anche dal blog - link amici )
giovedì 1 novembre 2012
VERMER – LA LUCE DEI DETTAGLI
Sarà esposta alle Scuderie del
Quirinale fino al 27 gennaio 2013 la mostra dedicata a Vermeer e ai maestri del
secolo d’oro dell’arte olandese.
Ci sono mostre che restano impresse per
l’esuberanza dell’artista, per l’effetto complessivo dell’allestimento, per il
clamore della comunicazione o per le code interminabili al botteghino.
Ci sono mostre di cui non si riesce a
dimenticare la sequenza studiata di
opere dedicate a un tema, o l’accanimento del confronto tra due grandi artisti
appartenenti ad epoche tra loro lontane.
A me, sollevata dal compito gravoso del
critico di recensire accuratamente una
mostra, è rimasta impressa una tela tra le decine appartenenti a
Johannes Vermeer e ai grandi fiamminghi,
esposte alle Scuderie del Quirinale fino al 20 gennaio 2013.
Un paradosso, quello di concedersi il lusso
di scegliere un’opera, tra una vasta scelta di capolavori.
Si tratta della folgorazione del visitatore
impreparato che, pur intuendo la grandezza della pittura olandese
dell’Ottocento, viene colto da quel vago malore che è il sintomo della più ben
nota Sindrome di Stendhal.
Come si può negare che le otto opere
appartenenti a Vermeer non siano l’esempio, tra i più perfetti, di come debba
essere trattata la luce in una tela…
Come ignorare il rapporto esatto dei
colori, il rigore formale con cui vengono accostati e stesi fino a creare
quell’equilibrio perfetto che balza fuori come uno starnuto?
Come non vedere che il lavoro di tutti
quegli artisti racchiude una pittura che è apologia del silenzio, capace di
stabilire un rapporto interiore con le cose?
Eppure, una di quelle tele è stata, per me,
un vero sparo in petto. E non appartiene al grande Vermeer, per il quale,
invece, ho intrapreso il viaggio fino a Roma.
Inutile negare lo sconcerto nell’ammirare
il raffronto tra il ritratto di “Santa Prassede”, santa romana del
secondo secolo che si occupava dei martiri della causa cristiana, effettuato
dal grande Maestro e quello eseguito da Felice Ficherelli, artista
fiorentino della metà del
diciassettesimo secolo.
La differenza è troppa perché possa
sfuggire anche all’incauto turista di passaggio.
Si tratta della “copiatura” di un quadro della grande scuola fiorentina da
parte di Vermeer, artista che viaggiava
poco e che rimase per tutta la vita
fuori dai circuiti convenzionali della committenza, fin quasi a cadere
nell’oblio da cui riemerse negli ultimi
anni dell’Ottocento, per volontà di un critico francese.
Chiaro che il senso della proporzione di
quel corpo, il colore commovente della veste rosso vermiglio perfettamente
riprodotta, o il bianco trasparente del lino che l’avvolge, lascino senza
fiato; come il color porcellana della pelle della Signora con cappello rosso il cui volto sembra colpito da una luce improvvisa, restituendo un’ espressione
che sembra fugace e sopresa.
Ciò premesso, il fiato si è mozzato di fronte a Astronomo
al lume di candela, di Gerrit Dou, artista fiammingo che fu
apprendista nello studio di Vermeer.
In questa piccola, raffinatissima tela Dou
rappresenta uno studioso circondato dagli strumenti utili ad un astronomo.
Il ritratto sembra risentire del clima di
fervore scientifico che allora si
concentrava sulle discipline dell’ottica e della cartografia, e il suo stesso
tratto non sembra specchio fedele del visibile, ma il risultato di strati di
colore e di luce che si sovrappongono per dare consistenza alle forme, in
stretta analogia con le teorie della visione di Keplero.
E’ emozionante il forte contrasto tra il
profondo buio della stanza, che sembra riprodurre il baratro della conoscenza,
e la fiammata di luce che piomba sullo scienziato, il suo mappamondo, le sue
carte geografiche, i suoi strumenti e il suo bisogno di sapere.
Emblematica rappresentazione di quella
rivoluzione scientifica che stava per portare l’uomo lontano dalla sua
ignoranza.
L’affanno claustrofobico dell’ottusità in bilico con l’euforia
illuminata della conoscenza.
Quel quadro sembra palpitare…
Lo scienziato non guarda le sue carte ma
l’oscurità.
Allontana i suoi occhiali perché non ha
bisogno di lenti.
Il futuro lo sente arrivare.
Strepitoso.
Perdono, Vermeer.
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