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Vice Presidente di Film Commission Torino Piemonte - Collaboratore in Staff Assessorato Attività Produttive, Commercio, Lavoro Città di Torino

La vera saggezza sta in colui che sa di non sapere

Nel corso del tempo il lavoro mi ha insegnato che sono infinite le cose che non sappiamo. Da lì, il mio impegno per l'informazione e la divulgazione è diventato "passione".


mercoledì 28 novembre 2012

ANTROPOS OSPITA IL TEATRO REGIO DI TORINO


Estratto della puntata di Antropos dedicata al Teatro Regio di Torino.

Nel corso  della prima parte 'incontro con Walter Vergnano, Sovrintendente del teatro, si parla dei problemi inerenti la gestione di una fondazione lirica, dei tagli implacabili operati dal Governo e dell'entusiasmo necessario ad organizzare la più complessa macchina artistica :l'opera.
La seconda parte dell'intervista è, invece, dedicata alla programmazione artistica che prevede anche un omaggio a Giuseppe Verdi e Richard Wagner di cui, ne 2013, si festeggia il bicentenario della nascita.

lunedì 26 novembre 2012

CALL GIRL di Mikael Marcimain












Al Torino Film Festival “Call girl”, un film che doveva essere un thriller politico classico diventa, invece, un giallo sociale.

Call Girl”, presentato alla trentesima edizione del Torino Film Festival, avrebbe potuto essere un film d'attualità, se non fosse stato ambientato nella Svezia di fine anni settanta.
In quegli anni il paese, la Svezia appunto, viveva un momento particolarmente delicato, attanagliata da una grave crisi economica, stordita da un profondo mutamento di costumi e stretta nella morsa di una grande incertezza politica: dopo anni di governo, infatti, i socialdemocratici rischiavano di perdere le elezioni.
La campagna elettorale delle controparti era già violenta quanto quelle cui assistiamo oggi, e gli ingranaggi della macchina politica erano già marci quanto quelli attuali.
Un giro di squillo di alto bordo è la giostra cavalcata da un manipolo di alti dirigenti statali, tra cui un ministro. Cosa c'è di nuovo rispetto ad oggi?
La giostra è nota a tutti, anche ai servizi segreti che la tollerano fino al momento in cui non diventa necessaria una manipolazione elettorale. Anche questo l'abbiamo visto...
La bomba esplode quando nel giro entrano due minorenni e un agente più corretto e meno corrotto degli altri. Lì, inizia la storia della giovane protagonista e di una sua amica.
Anche in questo film di Mikael Marcimain, regista svedese vincitore del Prix Italia nel 2008 al suo esordio con i cortometraggi, è necessario cogliere lo sforzo di entrare nella complessità dei personaggi e delle loro fragilità. Per capire come può una ragazza allo sbando perdersi immancabilmente; per cogliere le fragilità che dominano l'uomo rendendolo incapace di fare un uso corretto del potere; per vedere le falle del sistema che permettono la garanzia a chi specula sulle macerie umane.
La lettura del film avviene alla luce di un paese che, in quegli anni, stava vivendo un momento di liberazione sessuale e di grande confusione.
Potrebbe, certamente, aiutare a condurre un'analisi approfondita su quanto accade oggi in Italia, paese devastato dalla crisi economica, dei valori e dei costumi...




AZ DO MESTA AS di Iveta Grofova















Al Torino Film Festival un film ambientato in Slovacchia narra la storia dell'emigrazione di una ragazza nella Boemia occidentale.

In ogni parte del mondo l'emigrazione è un flusso intermittente di vite che si spostano, si salvano e, spesso, si spengono.
In questo primo lungometraggio di Iveta Grofova, laureata presso la Academy of Performing Arts di Bratislavia e specializzata in cinema documentario, una ragazza, Dorota, dopo aver ottenuto il diploma decide di emigrare da un paesino della Slovacchia, verso la Boemia occidentale, in cerca di un lavoro agognato nella sua terra.
La sua non è esattamente una scelta, come spesso accade quando si abbandona il proprio luogo natio, ma è una forte esortazione della famiglia priva dei mezzi necessari a sostentarla.
Troverà lavoro come sarta in una condizione disagevole e di estrema precarietà.
Perderà il lavoro e il denaro necessario a sopravvivere. Chiederà aiuto alla famiglia che non l'accoglierà ma l'abbandonerà a se stessa.
La regista è riuscita a ricreare l'ambiente e le condizioni di estremo disagio sociale nel quale la ragazza si trova a sopravvivere.
Il suo impegno è stato quello di spiegare, meticolosamente, quali possano essere le tappe del doloroso percorso che conduce alla prostituzione, perchè lo spettatore provi a guardare prescindendo da superficiali giudizi morali.
Alcune scene sfiorano il grottesco, con unioni tra giovani ragazze e personaggi sgradevoli che, pur nella loro solitudine malinconica, non hanno alcunché di poetico, arrivando a sfiorare l'antica rappresentazione de “La Bella e la Bestia”.
L'impegno della regista, non a torto, è quello di nebulizzare le riprese più crude per lasciare solo l'effetto acustico dei dialoghi sconci: l'effetto ne viene decuplicato, e il senso dell'orrore cresce nell'immaginazione di chi guarda.
Solo alcuni tremolanti bozzetti a carboncino, che si alternano alle scene pornografiche, sdrammatizzano quell'atmosfera cupa e senza speranza: un'altra buona idea.
La ragazza troverà la salvezza solo nell'unione definitiva con uno degli “orchi” che l'ha posseduta e che, solo e infelice a sua volta, le offre affetto e una vita sicura. Finiranno per volersi bene davvero.
Ecco come avvengono i matrimoni tra giovani emigrate e anziani signori benestanti.
Per qualcuno, queste tematiche sono drammaticamente “già viste”.
Per molti è una cocente realtà e il cinema ogni tanto dovrebbe impegnarsi a rappresentarla nella sua crudezza. Si chiama “cinema impegnato”, come quello che si vede al Torino Film Festival.
Non so se è il cinema più bello. Certamente è necessario.

domenica 25 novembre 2012

UNA NOCHE di Lucy Mulloy





E' stato presentato al Torino Film Festival “Una Noche “, il primo tassello della trilogia di Lucy Mulloy .

Che colpo al cuore!
Cuba: un paradiso di infelicità, una perla di povertà, uno spaccato di natura di ineguagliabile bellezza, un luogo magico, eppure, stipato di sofferenza e umiliazione.
Il film “Una Noche” della regista, inaspettatamente inglese, Lucy Mulloy, presentato alla trentesima edizione del Torino Film Festival, è stato un vero sparo in petto.
La storia (vera, purtroppo ) di due fratelli uniti da un amore profondo e divisi da un incontro fondamentale, sembra scritta dal più bravo sceneggiatore, invece, si tratta di uno dei tanti drammi cui è condannata la popolazione di questa isola di smeraldo.
C'è ogni aspetto di questa triste realtà: il degrado, lo sbando di infanzie abbandonate, la repressione di una polizia cieca e piegata al potere, l'aids, che aleggia come nebbia tra le strade e un sordo desiderio di amore omossessuale.
Ma il laccio al collo che riduce all'asfissia la vita dei cubani è quell'ossessione che li domina per tutto il corso della vita: la fuga dall'isola; l'approdo nella speranza di un mondo migliore: le coste di Miami situate a sole (sole...) 90 miglia dalle loro coste incandescenti come braci.
Da lì si sviluppa la storia e il dramma dei tre ragazzi.
Ciò che fa rabbrividire lo spettatore è lo sguardo sui turisti sbirciati dal mondo dei cubani: la volgarità di idioti che cavalcano moto d'acqua tra profughi allo sbando che tentano la fuga, o l'orrore di obesi bianchi mollicci che comprano il sesso di giovani e vecchie per due soldi e un pugno di dignità.
C'è da vergognarsi anche ad ordinare un “Cuba libre” nei bar alla moda se, ogni volta, non si prova un brivido al pensiero di quanto possa essere disperato quell'urlo.
Lucy Mulloy ha studiato filosofia, politica ed economia a Oxford e, successivamente, si è laureata in cinema all'Università di New York.
E' il suo primo lungometraggio. Speriamo vivamente che non sia l'ultimo.
E' una speranza e un augurio sincero.




sabato 24 novembre 2012

NO di Pablo Larrain




Racconta la fine della dittatura di Pinochet il primo film della rassegna del 30° Torino Film Festival

La rassegna inizia con un film di commovente allegria...
Lo spettatore viene catapultato nel Cile del 1988 con un realismo incredibile, grazie anche all'uso sapiente di telecamere Igekami del 1983 che rendono fluido l'inserimento di immagini di repertorio del tempo.
Pinochet, incalzato dalla comunità internazionale, viene costretto ad indire un referendum che sancisca il prolungamento del suo Governo di altri otto anni.
Il fronte del “NO” inizia ad organizzare la sua implacabile battaglia che non fa ricorso alla protesta violenta ma ad una sana guerra mediatica, ingaggiando, per la propria campagna elettorale, Reneè Saavedra ,il più virtuoso pubblicitario che lavora alle dipendenze governative.
A differenza di quanto fosse immaginabile, il brillante creativo non costruirà la propria strategia su atti, parole e immagini di denuncia dei soprusi che in passato esercitò la dittatura sul popolo cileno, né sul moto di dolore di tutti coloro che hanno subito lutti e povertà. Lo spirito del messaggio trasmesso da Saavedra si baserà sull'allegria di chi ha superato il dramma del passato e sente crescere forte l'allegria per un entusiasmo ritrovato, nonché la forza necessaria a costruire un nuovo futuro migliore.
E' interessante vedere la costruzione del linguaggio della comunicazione, anche e soprattutto in presenza di scarse risorse e sotto la pressione minacciosa della polizia.
E' buffa la reazione di un manipolo di vecchi dirigenti del fronte comunista che insorge sdegnata di fronte ad una campagna che dimentica il dolore per lasciare spazio all'allegria.
E' fantastico il crescendo emotivo di un messaggio che, sequenza per sequenza, passa dallo stato ridicolo a quello commovente.
Pablo Larrain, bravo regista che ha ottenuto numerosi riconoscimenti internazionali, ha ben gestito l'incertezza del pubblicitario che tentenna nella scelta di abbandonare il proprio incarico, ben pagato, presso l'agenzia nazionale per schierarsi laddove risiedono i suoi ideali e quelli di tutti gli affetti più vicini ( compreso un padre ucciso dalla dittatura e una ex- moglie combattente ).
Sarà abbastanza ambizioso da non rinunciare al suo cliente danaroso, abbastanza onesto da accettare l'incarico dal fronte di opposizione, abbastanza umano da cercare di mediare tra i due fronti senza ostentare fanatismi da guerrigliero, molto bravo da montare la più suggestiva campagna elettorale che decreterà la fine del regno di Pinochet.
Il Torino Film Festival , nel 2008, aveva premiato Larrain per il suo Tony Manero.
Fu un giudizio lungimirante, perchè è un regista bravo. Bravo davvero.





giovedì 15 novembre 2012

DARWIN PASTORIN PRESENTA IL LIBRO DI ANTONELLA FRONTANI


Lunedì 19 novembre, nella Sala Gioco del Circolo dei Lettori di Torino, Darwin Pastorin - Direttore di Quarta Rete Tv - ha presentato   il libro  Non è stata colpa tua di Antonella Frontani.





LA RECENSIONE DI MASSIMO NOVELLI DI REPUBBLICA

IL LIBRO DELLA SETTIMANA : 'Non è stata colpa tua'

Nella produzione sterminata di opere di narrativa italiana, spesso inutili e di basso livello, si distingue nettamente, in positivo, il romanzo ' Non è stata colpa tua' di Antonella Frontani, giornalista e scrittrice che vive e lavora a Torino. E' stato pubblicato da Seneca, editore torinese.
Scritto bene, con uno stile incisivo ed asciutto, essenziale, il romanzo racconta la storia di una donna che, dopo aver perduto in modo tragico l'uomo che amava, riscopre all'improvviso la voglia di vivere e forse anche di amare. Lo fa insieme alla figlia, una giovane pianista costretta sua una sedia a rotelle, che, nonostante la sua condizione, riesce a vincere la malattia, le paure, e a tenere felicemente il primo concerto.E' una storia umanissima e commovente, attraversata da citazioni colte di musica e di letteratura, che si legge tutta d'un fiato, come si suole dire, e che ti resta dentro, non si dimentica, come del resto non si dimenticano le cose vere, fondamentali, della vita, di cui questo libro è parte.
a cura di Massimo Novelli      

LA RECENSIONE DI TORINO MAGAZINE

Giornalista e per la prima volta scrittrice, Antonella Frontani è una donna che fa delle parole il suo mestiere. Indaga e rivela la parte più interiore dell'essere umano attraverso le parole di un'altra donna, Adele, la protagonista del suo libro, intrappolata in una vita che non le piace e un nodo che non la lascia andare. Parole scandite dal ritmo della musica, grande passione della scrittrice che con maestria infonde nelle pagine del romanzo. 'Non è stata colpa tua', è un flusso continuo che mette a nudo l'emotività delle persone, quella che non si vede, l'intensa interiorità che vive di vita propria, mostrando la durezza e la forza che realmente non si ha. Antonella ha avuto fin dall'inizio le idee chiare: struttura circolare in cui i personaggi si ritrovano, sguardi al passato e dialoghi brevi per lasciar spazio alle emozioni. Un libro che si legge o, più che altro, fa leggere dentro.

LA RECENSION DEL GIORNALE DELL'UMBRIA





mercoledì 14 novembre 2012

PAURA DEI VACCINI

Come ogni anno è stato annunciato l'arrivo  di un' epidemia influenzale sempre più aggressiva.
All'esame di alcuni vaccini destinati alla campagna preventiva sono state riscontrate impurità che hanno destato allarme.
Ad Antropos il dr. Giovanni Di Perri - Ordinario  Malattie Infettive Università di Torino - parlerà delle caratteristiche dell'influenza e delle più gravi malattie infettive, del ricorso all'attività preventiva, nonché delle nostre paure nei confronti dei vaccini e delle loro possibili conseguenze.





domenica 11 novembre 2012

IL MINISTRO PROFUMO CELEBRA CAVOUR




La Fondazione Camillo Cavour ha presentato l'Epistolario che racconta la vita politica e personale del maggiore rappresentante del Risorgimento.

Santena, Castello Cavour : non ero inviata. Ero un'invitata.
La Fondazione Camillo Cavour, la Commissione Nazionale per la pubblicazione dei carteggi del Conte di Cavour e il Centro Studi Piemontesi, hanno celebrato la presentazione dei 34 tomi dell'Epistolario Cavouriano, operata dal decano della Commissione Professor Carlo Ghisalberti.
Non ero stata inviata dal mio giornale. Sono stata gentilmente invitata dai membri della Fondazione, alla quale, mi unisce una passione senza freni per la figura di Cavour e una cordiale amicizia con il suo Presidente, Nerio Nesi.
Come poter ignorare un evento così seducente?
La pubblicazione dei Carteggi in questione racchiude gli esiti di un lavoro certosino durato cinquanta anni per racchiudere la storia epistolare del “Genio Illuminato” del Risorgimento, dalla prima letterina sgrammaticata risalente alla primavera del 1815, conservata all'Archivio di Santena, fino all'ultimo telegramma firmato “Cavour”, spedito il 2 luglio 1861 e conservato all'Archivio Storico del Ministero degli Esteri a Roma.
I 34 tomi sono racchiusi in 21 volumi di complessive 16.652 pagine. L'Epistolario raccoglie 8.600 lettere, private, confidenziali o particulières scritte dal Conte tra il giugno del 1815 e il giugno 1861, correlate a circa 7.000 responsive di corrispondenti vari, per un totale di circa 15.600 missive.
Una raccolta emozionante. Un lavoro incredibile...
Le lettere che Cavour scriveva, soprattutto quelle di carattere politico riservatissimo che inviava a principi e sovrani, ministri e ambasciatori, emissari segreti e banchieri, sono state oggetto di immediate, compulsive ricerche da parte di più soggetti interessati, a partire dalla sua scomparsa, e sono diventate parte di raccolte cariche di infedeltà e incompletezze, manipolazioni, omissioni e datazioni arbitrarie.
Non era facile riordinare un tale marasma.
Ma tanto, faticosissimo lavoro di ricerca e interpretazione dei fatti storici, assume un grande fascino perché racconta la storia, il lavoro, la filosofia, il genio dell'uomo politico più saggio di tutta la scena politica italiana nel corso dei suoi centocinquant'anni.
Lo statista astuto e liberale.
Astuto perché giocò sul rischio rivoluzionario, temuto dalle potenze europee, per avere il via libero alla unificazione nazionale sotto lo statuto sabaudo. Liberale, perché trasformò il regime sabaudo in regime parlamentare.
Morì giovane e la sua grande opera è racchiusa in un decennio, periodo straordinariamente breve se si pensa alla portata che ebbe.
La sua fu una lotta su più fronti, in difesa di un'ideale così alto come quello dell'unificazione del paese e dello sviluppo del sistema parlamentare. Per Cavour l'obiettivo più grande da raggiungere era la forma di Governo, più che le conquiste territoriali. Ci voleva lungimiranza per pensarlo....
E i nemici venivano da destra, dai conservatori cui premeva un'Italia divisa, e da sinistra, dalla visione garibaldina, troppo idealista, di nazione unita.
Sopravvisse al re Vittorio Emanuele che tentò più volte di sostituirlo alla Presidenza del Consiglio, in favore di una figura politica più docile ed obbediente.
Era un genio, Cavour, ma anche un uomo solo che si trovò a percorrere un sentiero politico tortuoso, durante il quale fu abile a destreggiarsi tra le due fronde opposte di pensiero, la destra e la sinistra, fino a neutralizzarle, realizzando quell'operazione supremamente ardua, quasi paradossale, di compiere una rivoluzione conservatrice.
La sua azione fu di economista, agronomo, politico, stratega militare, paladino della forma democratica. Nessuno raggiunse mai una tale visione d'insieme nell'ambito politico.
Il Ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, oggi presente alla cerimonia nella dimora cavouriana, ha sottolineato la capacità del genio che, allora, ebbe la lungimiranza di prevedere l'Unità d'Italia, e ha ricordato la necessità che oggi una mente sia in grado di intravedere un'Europa, finalmente, Unita.
Se è vero che “sono gli uomini che fanno i luoghi”, oggi Santena non è solo un punto geografico ma un “luogo” di memoria, raccoglimento, respiro della storia. E' la terra sacra del padre della Patria, il luogo in cui trovava conforto un uomo che ha compiuto l'opera di cui tutti dobbiamo essergli grati.
Commoventi le fronde silenziose, dai colori autunnali, dello splendido parco che circonda la Residenza: sembrano raccontare anche i silenzi delle fatiche del Conte
Ecco perché sono riconoscente alla Professoressa Rosanna Roccia.
Perché ha dedicato trent'anni della sua vita di storica al compimento dell'opera che è stata presentata oggi e che garantirà la memoria di un pezzo importante della nostra storia.




lunedì 5 novembre 2012

LA CITTA' CHE NON C'ERA






A Torino è avvenuta una metamorfosi come in nessun'altra città italiana è accaduto.
Fiorenzo Alfieri, uno dei protagonisti indiscussi di questo cambiamento,  nel suo libro " La città che non c'era", narra il percorso magico che ha portato fino allo splendore attuale della vecchia "città grigia"

Ad Antropos sono state ripercorse le tappe principali, dagli albori della rinascita, attraverso le Olimpiadi, fino ai festeggiamenti per il 150° anno dalla'Unità d'Italia.

Antonella ha intervistato  Fiorenzo Alfieri martedì 30 e mercoledì 31 ottobre, alle ore 20.00, su Quarta Rete Tv e in diretta streaming al sito www.quartarete.tv

Puoi vedere le due puntate in You tube - Canale Ambinetiamoci -  ( accesso anche dal blog - link amici )


giovedì 1 novembre 2012

VERMER – LA LUCE DEI DETTAGLI





Sarà esposta alle Scuderie del Quirinale fino al 27 gennaio 2013 la mostra dedicata a Vermeer e ai maestri del secolo d’oro dell’arte olandese.

Ci sono mostre che restano impresse per l’esuberanza dell’artista, per l’effetto complessivo dell’allestimento, per il clamore della comunicazione o per le code interminabili al botteghino.
Ci sono mostre di cui non si riesce a dimenticare la sequenza studiata  di opere dedicate a un tema, o l’accanimento del confronto tra due grandi artisti appartenenti ad epoche tra loro lontane.
A me, sollevata dal compito gravoso del critico di recensire accuratamente una  mostra, è rimasta impressa una tela tra le decine appartenenti a Johannes Vermeer  e ai grandi fiamminghi, esposte alle Scuderie del Quirinale fino al 20 gennaio 2013.
Un paradosso, quello di concedersi il lusso di scegliere un’opera, tra una vasta scelta di capolavori.
Si tratta della folgorazione del visitatore impreparato che, pur intuendo la grandezza della pittura olandese dell’Ottocento, viene colto da quel vago malore che è il sintomo della più ben nota Sindrome di Stendhal.
Come si può negare che le otto opere appartenenti a Vermeer non siano l’esempio, tra i più perfetti, di come debba essere trattata la luce in una tela…
Come ignorare il rapporto esatto dei colori, il rigore formale con cui vengono accostati e stesi fino a creare quell’equilibrio perfetto che balza fuori come uno starnuto?
Come non vedere che il lavoro di tutti quegli artisti racchiude una pittura che è apologia del silenzio, capace di stabilire un rapporto interiore con le cose?
Eppure, una di quelle tele è stata, per me, un vero sparo in petto. E non appartiene al grande Vermeer, per il quale, invece, ho intrapreso il viaggio fino a Roma.
Inutile negare lo sconcerto nell’ammirare il raffronto tra il ritratto di “Santa Prassede”, santa romana del secondo secolo che si occupava dei martiri della causa cristiana, effettuato dal grande Maestro e quello eseguito da Felice Ficherelli, artista fiorentino  della metà del diciassettesimo secolo.
La differenza è troppa perché possa sfuggire anche all’incauto turista di passaggio.
Si tratta della “copiatura”  di un quadro della grande scuola fiorentina da parte di Vermeer, artista  che viaggiava poco e che rimase  per tutta la vita fuori dai circuiti convenzionali della committenza, fin quasi a cadere nell’oblio da cui  riemerse negli ultimi anni dell’Ottocento, per volontà di un critico francese.
Chiaro che il senso della proporzione di quel corpo, il colore commovente della veste rosso vermiglio perfettamente riprodotta, o il bianco trasparente del lino che l’avvolge, lascino senza fiato; come il color porcellana della pelle della Signora con cappello rosso  il cui volto sembra colpito da una  luce improvvisa, restituendo un’ espressione che sembra fugace e sopresa.
Ciò premesso,  il fiato si è mozzato di fronte a Astronomo al lume di candela, di Gerrit Dou, artista fiammingo che fu apprendista nello studio di Vermeer.
In questa piccola, raffinatissima tela Dou rappresenta uno studioso circondato dagli strumenti utili ad un astronomo.
Il ritratto sembra risentire del clima di fervore scientifico che  allora si concentrava sulle discipline dell’ottica e della cartografia, e il suo stesso tratto non sembra specchio fedele del visibile, ma il risultato di strati di colore e di luce che si sovrappongono per dare consistenza alle forme, in stretta analogia con le teorie della visione di Keplero.
E’ emozionante il forte contrasto tra il profondo buio della stanza, che sembra riprodurre il baratro della conoscenza, e la fiammata di luce che piomba sullo scienziato, il suo mappamondo, le sue carte geografiche, i suoi strumenti e il suo bisogno di sapere.
Emblematica rappresentazione di quella rivoluzione scientifica che stava per portare l’uomo lontano dalla sua ignoranza.
L’affanno claustrofobico  dell’ottusità in bilico con l’euforia illuminata della conoscenza.
Quel quadro sembra palpitare…
Lo scienziato non guarda le sue carte ma l’oscurità.
Allontana i suoi occhiali perché non ha bisogno di lenti.
Il futuro lo sente arrivare.
Strepitoso.
Perdono, Vermeer.