mercoledì 30 maggio 2012
SMART CITY FESTIVAL
venerdì 25 maggio 2012
GIULIO GIORELLO SPIEGA IL TRADIMENTO
Da Tex a Giuda, da Bruto a Iago, da Stalin a Don Giovanni, passando per Topolino…il Prof. Giorello tracci, nel suo libro, a la storia de “Il tradimento”
Si può pensare che sia un libro di intrattenimento, in realtà, questo lavoro di Giulio Giorello, Ordinario di Filosofia della Scienza all’Università degli Studi di Milano, è un libro complesso.
Maurizio Ferraris, che insieme a Claudio Bartocci ha accompagnato il professore nel corso della presentazione al Salone del Libro 2012, ha aperto l’incontro partendo da un solido presupposto: il legame sociale si fonda sulla promessa; senza di essa non può esistere la società civile, e il tradimento rappresenta la rottura della promessa stessa.
Perché scrivere un tale saggio?
Perché evocare in un libro le figure di Caino e Abele, i due tragici spettri che si uccisero contemporaneamente dopo essersi fronteggiati con un pugnale stretto nella destra celata dietro le spalle, e che Dante colloca nel peggior luogo dell’inferno?
Perché oggi ( come sempre, forse) è diffusa tra gli uomini la pratica del tradimento ( in amore, in politica o in amicizia ) ma, mai come adesso, priva di quella dimensione epica che la rendeva una sfida a Dio e agli uomini.
Il Professor Giorello ha scritto questo libro perché la dimensione del tradimento è molto complessa.
Spesso chi tradisce non ne ha la vera consapevolezza. L’incoscienza conclamata a tale attitudine, è rappresentata, per esempio, dal celebre filosofo Heidegger, realmente ossessionato dall’autenticità tanto da formularne una teoria fondamentale nel 1927 ( Essere e tempo ), ed essere smentito dalle dichiarazioni di Hannah Arendt, sentimentalmente e segretamente legata a lui, che lo considerava eternamente bugiardo.
E’ una condizione dal duplice ( o triplice ) aspetto, quella del tradimento, secondo la quale coloro che vengono considerati traditori per molti, per altri non lo sono affatto.
Alcuni lo diventano per scelta, come il fisico Heisemberg che, schiacciato tra l’alternativa di dichiararsi incapace di produrre la bomba atomica “nazista” o spacciarsi traditore, ha scelto la seconda opzione, spinto dall’orgoglio del dotto.
Il Professore, nel suo libro ci ricorda, però, che può esistere un uso geniale, creativo, addirittura virtuoso del tradimento, come insegnava Machiavelli nel suo Principe: “ In che modo i principi debbono osservare la fede” quando il Segretario fiorentino sosteneva che per mantenere la parola data ed assurgere a modello di lealtà “ a un principe non è necessario avere in fatto tutte le soprascritte qualità, ma è ben necessario parere di averle”.
Anche Mozart e Da Ponte, con il loro Don Giovanni, ci insegnano a conoscere una figura di traditore in cui la perfidia non coincide né con la menzogna, né con il tradimento, bensì con la burla. Verso tutti, senza ostentazione di violenza, come in Iago, o di volgare maschilismo ( per lo meno, non solo), in particolare, contro le istituzioni.
Anche in molte tragedie di Shakespeare torna la forma del tradimento in tutte le sue sfaccettature, come nel Riccardo III, parabola di un principe machiavelliano, cattivo per eccellenza, il cui agire, però, è riscattato da una seppur flebile giustificazione: tradire il rappresentante di una stirpe la cui regalità ha origine da un tradimento.
Il libro di Giorello è un lavoro laico, lontano da qualunque intenzione di giudizio morale sul tradimento. E’ un’attenta analisi di questo processo che tutti ci riguarda.
Andrebbe letto perché il tradimento è l’enigma celato della storia cristiana. Soprattutto, per chiarire il fondamentale dubbio: si può essere infedeli a se stessi?
Nell’epilogo del suo libro Girello ricorda che “l’umano tradimento può indicare se non la stella della redenzione, almeno il piacere provato dai ribelli, seppure a caro prezzo” e, citando un passo del primo atto della tragedia di Goethe, in cui Mefistofele canzona Faust, ricorda che “la luce è venuta nel mondo”, ma gli esseri umani” hanno armato le tenebre più che la luce”.
lunedì 21 maggio 2012
SALONE DEL LIBRO 2012 : UN SALONE DA RECORD
lunedì 14 maggio 2012
I LIBRI TI CAMBIANO LA VITA - Incontro con Romano Montroni
I LIBRI TI CAMBIANO LA VITA
Incontro con Romano Montroni
Uno dei primi incontri del Salone del Libro 2012 che ho proposto al giornale di seguire è stato quello con Romano Montroni.
Romano non è un libraio, è “Il Libraio”.
Dopo una breve esperienza nel mondo della distribuzione, dal 1962 ha lavorato nelle librerie Feltrinelli, delle quali è diventato direttore fino al 2000. Professore a contratto nel master di Editoria cartacea e multimediale di Umberto Eco presso l’Università di Bologna, dal 2001 è docente della Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri. Dal 2005 collabora alla realizzazione della catena Librerie Coop.
Lui sa come vender un libro, perché ne conosce il valore intrinseco: lo ama.
Tutto il mondo dell’editoria conosce la sua professionalità e la sua devozione al mondo dei libri. Se il suo mestiere è diventato un’arte, è grazie a quella gioia che lo infiamma ogni volta che parla di un libro, o quando scopre l’esistenza di un inedito.
Romano è sorretto ancora dall’entusiasmo di un ragazzo per la vita e, ogni volta che nasce un libro, sembra che assista alla venuta al mondo di una creatura. Per questo è il più bravo…
Giovedì, nella Sala Gialla del Salone, ha presentato il suo ultimo lavoro dal titolo “I libri ti cambiano la vita”.
Ha chiesto la collaborazione di cento autori ( per lui non è impossibile ) per raccogliere cento racconti.
Non si tratta di inediti, ma di pareri autorevoli in merito a quello che può essere considerato il libro che può cambiare la vita.Romano non ha chiesto recensioni e, ognuno degli interpellati, sapeva bene ciò che lui intendeva, perché ne conoscono la profondità.Si tratta di racchiudere in un racconto quella folgorazione che, ad un tratto, è partita da un libro per illuminare la vita di ognuno di loro.
E’ molto più di un prezioso consiglio: è una lanterna magica!
Romano ricorda con gioia e tenerezza il suo incontro casuale con il mondo del libri. Era a Bologna, nella prima metà degli anni Cinquanta. Giovane ragazzone biondo ( e bello), spolverava testi nel magazzino di una grande libreria (Rizzoli), nella quale accedeva raramente. Fu il dottor Amadori, anima di quel luogo incantato, ad accendere la sua lanterna nel tunnel della vita regalandogli, per leggerlo, una copia de I ragazzi della via Paal.
E’ stata una folgorazione, racconta Romano.
Amadori esercitava su di lui, quello che oggi Romano potrebbe rappresentare per i suoi allievi Librai : un faro, un approdo.Cominciò la lettura di quello splendido romano ungherese , ed ebbe inizio la sua storia d’amore con il mondo dei libri.
Ha imparato, da lì, che la letteratura è un caleidoscopio di segni e di sogni che spesso si dissolvono immediatamente o dopo una breve vita, ma che, a volte, vivono per sempre.
Un libro forse non può salvare la vita, ma può aiutare a migliorarla.Non c’è dolore, piccolo o grande, che un libro non possa lenire.
Ecco perché Romano ha avuto questa idea: per aiutare ognuno, soprattutto i ragazzi, ad individuare la scintilla che accende la fiamma.
Quale migliore dono se non quello del racconto di Augias, Belpoliti, Camilleri, De Mauri, Ferrero, Giordano e tanti altri?Ci sono quasi tutti i giganti. Da Omero a Dante, da Cervantes a Manzoni, da Dostoevskij a Tolstoj ma anche nomi meno roboanti: non per questo meno sorprendenti e illuminanti.
Romano sa il fatto suo, e il libro si è trasformato in un oggetto prezioso, praticamente imperdibile.
Lo sa anche il Direttore del Salone, Ernesto Ferrero, che è venuto a rendergli omaggio e che, oltre tutto, è legato a lui da una lunga amicizia. Proprio come nel mio caso. Bravo, mio amico Romano.
BIENNALE DEMOCRAZIA PER LA LEGALITA'
domenica 13 maggio 2012
LIBERI TUTTI - incontro con Pietro Grasso
martedì 8 maggio 2012
IL LIMBO DI MELANIA MAZZUCCO
Perché leggo i libri di Melania Mazzucco? Perché vorrei scrivere come Lei.
Limbo è la sua ultima fatica, e l’ennesima conferma che la scrittura è esercizio, oltre che talento.
La storia narra le bellezze e le durezze di un paese dilaniato dalla guerra e, testimone degli scenari di desolazione e scontri duri, è il Maresciallo Manuela Paris, rientrata nella sua casa di Ladispoli dopo un attentato in cui muore uno dei suoi uomini: il più fragile, il più caro.
Il romanzo è articolato su due piani di narrazione tra loro alternati: il presente, scritto da un narratore onnisciente, e gli “Homework” di Manuela, i compiti a casa che rappresentano il diario di guerra che la protagonista dovrà scrivere su suggerimento di uno psicologo militare, nel tentativo di lenire i sintomi del Disturbo post-traumatico da stress che l’Afghanistan le ha regalato.
La narrazione di Melania non è mai banale, anche quando racconta una vita ordinaria e i suoi strazi. Non è mai noia quando scrive i tormenti della Manuela adolescente e del buio in cui procede il suo futuro, che sfocerà in una disperata carriera militare.
Non è nuovo il racconto di un giovane militare alle prese di una pace sanguinosa in un paese in eterno conflitto; pur trattandosi di un militare donna. E’ il suo stile ad essere unico, quello di Melania.
L’arte di scrivere un buon libro, non risiede nella capacità di inventare una storia nuova, ma di raccontarla nel modo più esclusivo.
I due momenti narrativi, il presente e il racconto di guerra, sono scritti senza alcun dislivello di articolazione stilistica, e ciò lo considero un pregio. I dialoghi sono privi di virgolettati, eppure scorrono con una naturalezza tale da lasciar l’illusione che scrivere sia facile.
Nelle pagine del libro sembra di vedere chiaramente le strade, a volte malinconiche, di una cittadina etrusca bagnata dal mare: Ladispoli.
Si sente forte il disagio di una ragazza che si difende dai disastri della sua famiglia cercando nella divisa il suo ruolo nella società. Il primo tentativo fallito di diventare un militare è narrato con lo stile asciutto necessario a non chiedere compassione, ma con l’ efficacia necessaria a dividere quell’esperienza.
Viene voglia di schierarsi subito con Manuela in una scelta che la maggior parte dei lettori non approverebbero.
Nel racconto della missione in Afghanistan e delle manovre militari di un gruppo di ragazzi troppo giovani per trasformare l’addestramento ricevuto in brutale coraggio, risiede il talento di Melania.
Suggerirei a coloro che fossero attratti da Limbo, di leggerlo alle stesse condizioni in cui l’ho fatto io. Accidentalmente costretta a leggere alle prime ore della notte, per mancanza di tempo nel corso del giorno, mi sono abbandonata a quelle pagine in pieno buio ( alle sola luce dello spot da libro), e nel totale silenzio della casa notturna: è stato uno shock!
L’attenta descrizione dei particolari relativi ad un paesaggio che non ho mai visto, mi ha letteralmente catapultato nella polvere di quelle strade sterrate; aggredita da razze velenose di ragni mostruosi di cui ignoravo l'esistena, e disidratata da una calura che mi ha asciugato la pelle in una notte italiana di tarda, fredda primavera.
Ho sentito l’adrenalina salire mentre abbracciavo un fucile che non ho mai neppure sfiorato, e un nodo mi ha stretto la gola per la paura di un agguato che di lì a poco sarebbe arrivato. Ero chiusa in un Lince, al centro di una valle larga come una lingua di biscia, costretta ad indietreggiare di fronte al nemico che conosceva bene quelle montagne magiche quanto insidiose.
Sembrava tutto vero, tanto era preciso nel dettaglio e perfetto nel racconto.
Melania può aver conosciuto l’Afghanistan, ma non credo abbia fatto la guerra. Può aver raccolto testimonianze ( come ha precisato), ma le ha trasformate in sequenze di vita con grande maestria. E’ arte.
Il suo telato è quello di non essere mai approssimativa ma attenta nella ricostruzione di fatti storici, contesti complessi, mondi lontani. Così come ha fatto per Vita, Lei Così Amata, La lunga attesa dell’Angelo, Un giorno perfetto.
La storia di Manuela, nel romanzo, s’avvita a quella di uno sconosciuto che racchiude un mistero. Ho letto autorevoli critiche che definiscono quel passo il punto debole del romanzo, resa alle ansie di un lettore medio. Può darsi.
Io rappresento il lettore medio ( certo incantato dall’autrice), e se Melania ha ceduto alla tentazione di rassicurarmi attraverso il racconto di Mattia Rubino, c’è riuscita.
Per Lei potrebbe essere un fallimento, il mio incantamento, ma se nella mia categoria di “lettore medio” rappresento il mercato, Le auguro di sbancare.
Del resto e a Lei che devo la scoperta di Annemarie Schwarzenbach, per cui Le sarò eternamente grata.
LA LOTTA DI CLASSE DOPO LA LOTTA DI CLASSE - RIFLESSIONI DI LUCIANO GALLINO
Ad Antropos il sociologo Luciano Gallino espone le tesi presentate nel suo ultimo libro La lotta di classe dopo la lotta di classe.
mercoledì 2 maggio 2012
UN AMBASCIATORE A TORINO
Il Sindaco Fassino ha dotato Torino di una nuova sruttura che gestirà le relazioni internazionali della città.