La
lezione inaugurale del Presidente della Camera dei Deputati Laura
Boldrini ha aperto la terza edizione di Biennale Democrazia Torino
E'
salita sul palcoscenico di Torino ed è partito un lungo applauso
scrosciante.
Laura
Boldrini non rappresenta solo la terza carica dello Stato. E' ciò
che aspettavamo da tempo, una scossa profonda che ti scuote con
parole sussurrate e taglienti come sciabole affilate.
Al
suo ingresso, la platea si è alzata in piedi con il doveroso
rispetto che merita una figura davvero autorevole. Finalmente, dopo
tanto tempo...
Un
lungo discorso che ha il sapore di un testo pensato e scritto da chi
lo legge: un fatto sconvolgente!
Lei i
contenuti li conosce, perché li ha vissuti.
Lei
ha parlato con chi non è stato mai ascoltato.
Lei
ha protestato contro la ricchezza di pochi che alimenta la fame di
molti.
Lei
non ha fatto parte della politica collusa.
Lei
non conosce il compromesso.
Lei
poteva parlare con la saggezza ed il diritto dei giusti.
Ecco
perché il suo discorso ha toccato tutta la platea muta e rispettosa.
Occhi
lucidi, silenzio assordante, tensione massima come nei luoghi in cui
si compie un fatto importante, quasi storico.
Il
neo Presidente della Camera ha iniziato il suo discorso con un elogio
alla parola “utopia”, concetto chiave attorno al quale ruotano
tutti i temi di Biennale Democrazia di Torino.
Per
il Presidente “l'utopia racconta il dubbio. E senza dubbi la
politica sarebbe solo un fotogramma immobile, un esercizio di vanità,
una condizione di solitudine”.
Ha
esaltato l'utopia considerandola ricerca, superamento dei propri
limiti.
L'ha
definita un viaggio, citando le indimenticabili parole del poeta
Kavafis”...quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti
che la strada sia lunga, fertile in avventure e esperienze”.
Ha
speso parole per ricordare che sono state le molte e silenziose
utopie che ha coltivato in vent'anni ad averla condotta all'attuale
incarico, ed è stata una splendida utopia quella che ha condotto un
uomo, negli anni anni 50, ad abbandonare un piccolo villaggio
africano ( Kogelo) portando con sé suo figlio che oggi è il
presidente degli Stati Uniti.
Ha
invocato l'utopia, nel suo discorso, perché guidi la politica verso
il risanamento di quella ferita aperta nel mondo per cui l'1% degli
uomini possiede il 40% di tutte le risorse del pianeta, le tre
persone più ricche del mondo hanno lo stesso peso economico dei 600
milioni di esseri umani più poveri e il patrimonio dei dieci
italiani più facoltosi è uguale alle risorse degli otto milioni di
italiani più poveri.
Sono
numeri e sono sconvolgenti!
Ha
citato alcune delle utopie che si sono realizzate: la riduzione delle
spese militari, l'apertura di un dibattito sul sistema finanziario
con la conseguente condanna alle speculazioni finanziarie, una più
consolidata cultura dello sviluppo eco sostenibile e l'avvio al
processo di riduzione dei costi della politica.
Ha
attaccato il cinismo di chi crede che essere poveri sia la colpa di
chi non sa essere furbo.
Ha
esortato il senso di responsabilità di ognuno di noi che deve
sentirsi parte integrante di ogni aspetto della vita pubblica:
istituzioni, politica, università, scuole, luoghi di lavoro e della
produzione.
Ha
chiesto una riflessione profonda nei confronti del grave abbandono
dello studio da parte dei ragazzi: 57.000 negli ultimi dieci anni!
Ha
giurato di aver accettato il suo incarico con il preciso, testardo
obiettivo di sanare il lacero rapporto tra i cittadini e le
istituzioni.
Ha
elencato le sue perplessità circa la “politica gratis”, la
politica finanziata dai privati e il facile, ingannevole voto via
internet.
Ha
promosso una “campagna d'ascolto “ presso la Camera e l'apertura
della “casa della buona politica”, per dare voce e spazio , nel
percorso legislativo, a chi lavora ogni giorno per la soluzione dei
problemi.
E'
stata incisiva, credibile, appassionata. Tanto da far passare
inosservato il fatto incontrovertibile di essere bella.
Avevamo
bisogno di una scossa come questa; di sentirci di nuovo un po' a
casa, nel mondo che sa di buono.
L'applauso, a questo punto , è stato interminabile.
Un'unica
perplessità mi ha colto. Il presidente emerito della Corte
Costituzionale Gustavo Zagrebelsky ha più volte ribadito il suo
stupore entusiasta circa l'elezione di Laura Boldrini. La prima
citazione è stata molto simpatica e gratificante per l'ospite, con
il garbo e l'ironia che contraddistingue l'intelligenza del grande
costituzionalista. Ma il concetto ribadito più volte sembrava
appannarne il valore e destare il dubbio di un'elezione inspiegabile.
E
poi, perché rivolgersi a Lei con l'espressione un po riduttiva come
“gentile signora”? In un mondo in cui i titoli contano per tutti,
anche per il Prof. Zagrebelsky che merita il titolo di “Presidente”,
perché chiamare “gentile signora” il Presidente della Camera dei
Deputati?
Avrebbe
chiamato “gentile signore” Gianfranco Fini o Pietro Grasso?