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Vice Presidente di Film Commission Torino Piemonte - Collaboratore in Staff Assessorato Attività Produttive, Commercio, Lavoro Città di Torino

La vera saggezza sta in colui che sa di non sapere

Nel corso del tempo il lavoro mi ha insegnato che sono infinite le cose che non sappiamo. Da lì, il mio impegno per l'informazione e la divulgazione è diventato "passione".


martedì 16 aprile 2013

BARICCO: TALENTO ED EGO


Alessandro Baricco

Alla terza edizione di Biennale Democrazia la Lectio Magistralis di Alessandro Baricco sull'utopia.

Quando entra sull'austero ed imponente palcoscenico del Teatro Regio di Torino, sembra uno di noi. Pacato, un po' ritorto, vagamente distaccato dall'evento e dal quel pubblico che, a tratti, non lo ama: Alessandro Baricco appare così nell'incontro che Biennale ha organizzato tra l'intellettuale geniale, schivo, difficile e la sua città.
Entra con l'incedere faticoso di un uomo che sembra sorreggere le imperfezioni del mondo, e con l'approccio timido di chi sembra essere finito lì per caso.
Saluta il pubblico con un sguardo inclinato, quasi umile. Si siede alla scrivania che il Teatro ha posto al centro del palco, sotto un unico cono di luce, tutto per lui.
Apre il leggendario zainetto dell'uomo qualunque, sfodera tre libri, e lì, inizia il duello con la platea, senza esclusioni di colpi.
Da quello zainetto, insieme ai tre testi, sembra che escano, contemporaneamente, la sua personalità dirompente, la sua oratoria impareggiabile, il suo ego, che non lascia mai troppo spazio sul resto del pianeta.
I primi colpi li sferza sussurrando, senza affanni, La voce ha il timbro giusto, basso...Le pause sono perfettamente intercalate. I gesti sono sapientemente misurati e quella luce, quell'unico cono, sembra amplificare l'effetto sortito.
Il narrare l'utopia parte dai desideri che lo hanno illuminato da bambino e si poggia su quattro opere, di indubbio valore artistico, che il sapiente Baricco ha accuratamente selezionato.
Il primo sogno trova casa in “ Zibaldino” di Giovanni Guareschi, un libro ben scritto e molto divertente che insinua nello scrittore bambino il desiderio che rimarrà il fuoco della sua vita: leggere, per vivere tante vite di altri, e scrivere, per costruirne altrettante. Il brano scelto per la lettura è astutamente divertente.
La seconda utopia che Baricco ricorda aver segnato la sua infanzia è stata quella di essere un uomo giusto. Niente di meno...Il sogno si realizza nelle pagine di Cyrano de Bergerac dove la forma letteraria più perfetta rende affascinante il narcisismo, china pericolosa dell'ego. Baricco legge poche pagine con l'accortezza del grande narratore e la consapevolezza che il narcisismo, almeno nei suoi inizi, è fantastico, prima di tracimare in tragedia. Quelle parole sono un inno alla forza dell'uomo libero, mai servo, mai chino di fronte al potere. Splendidi versi.
Il terzo sogno, per Baricco, fu quello di possedere un talento.
Alcune pagine del “saggio sul narrare” di Walter Benjamin è stata la scelta di lettura per il pubblico, per spiegare la forza del talento e la tragica possibilità di non riconoscerlo, fino a sprecarlo. Non è il suo caso, ovviamente.
La quarta utopia ha pescato nel mondo della musica per trovare un codice di interpretazione: una delle più belle composizioni di Haendel per attingerne il messaggio dal suo testo.
Baricco traduce direttamente dall'inglese ( gesto vezzoso per un conferenziere che nulla lascia al caso) l'emozionante dichiarazione di amore indiscusso di una regina al suo amato. Questo risponde al suo sogno: la luce! Baricco sognava di vivere nella luce che, per lui, è l'accettazione totale dell'amore, senza alcuna recriminazione (casualmente, l'amore di una donna per l'uomo perfetto, e non viceversa).
Il suo discorso è stato dedicato alla potenza dei sogni, delle utopie anche nel caso che non si avverino mai. Ha concluso ricordando che tutto il resto...è un casino...
Tutto il suo viaggio di Baricco nell'utopia è stato all'interno del suo mondo, piuttosto che nel discorso di Marther Luther King.
Lui sa di essere egocentrico. Non ne fa mistero. Non tenta alcuna mistificazione.
Lo fa con l'educazione di chi non lo urla, ma con la sfrontatezza di chi è sicuro del suo talento.
Forse non è simpatico ma, accidenti, è proprio bravo. E ogni intellettuale che stenta l'applauso in sala lo sa, tanto che vorrebbe assomigliargli...