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Vice Presidente di Film Commission Torino Piemonte - Collaboratore in Staff Assessorato Attività Produttive, Commercio, Lavoro Città di Torino

La vera saggezza sta in colui che sa di non sapere

Nel corso del tempo il lavoro mi ha insegnato che sono infinite le cose che non sappiamo. Da lì, il mio impegno per l'informazione e la divulgazione è diventato "passione".


domenica 2 ottobre 2011

APOCALISSE INTERIORE UN BARATRO DA GUARDARE




Era immaginabile che il Teatro Carignano fosse gremito, visto che parlava Umberto Galimberti.
Torino Spiritualità 2011, nel corso della sua settima edizione, ha ottenuto un altro grande successo invitando il Professore a parlare di “Apocalisse interiore”.
La definizione ha colpito con violenza l’attenzione di una platea che aspettava impaziente la lettura del nostro tempo, analizzata con la precisione e la chiarezza che contraddistinguono il pensiero di Umberto Galimberti.
La lezione è iniziata dall’approfondimento di tematiche inerenti il rapporto tra uomo e tempo, e dall’inevitabile riferimento alle teorie di Martin Heidegger, che l’aveva ampiamente trattate.
La visione tragica del mondo greco nasceva dalla consapevolezza che l’uomo fosse mortale, dunque, legato come gli animali e le piante al ciclo naturale.
Non si trattava di una lettura “angosciante” della tragedia, ma di una serena accettazione del ciclo che vede l’uomo nascere, vivere e morire in un’esistenza in cui il soggetto non era l’uomo ma la natura e, dopo la quale, non esisteva più nulla.
L’uomo , dunque, per i greci, aveva bisogno di un senso per vivere, visto che la morte è l’implosione di ogni senso.
“Gente seria, i Greci” dice Galimberti.
Friedrich Nietzsche sosteneva che l’umanità non sarebbe sopravvissuta a quella consapevolezza, se non fosse subentrato un “Essere superiore” in grado di promettere all’uomo la vita oltre la morte : Dio.
Il Cristianesimo, così, offre ai terreni la possibilità della Resurrezione del corpo generando una carica ottimistica che diventa la configurazione tipica del nostro tempo.
“Colpo di genio, quello dei Cristiani”, sostiene ancora il Professore.
Il tempo, per l’uomo, non è più il ciclico avvicendarsi delle stagioni , ma diventa un disegno che costruisce la storia in vista della salvezza . Il dolore non è più parte integrante della natura, secondo la visione greca, ma acquista un duplice valore : l’espiazione della colpa e la conquista dell’eternità.
L’avvento della scienza durante l’Umanesimo che sopraggiunge, mette in discussione la fede e la lettura ottimistica a cui l’uomo si era abituato. Le conseguenze del peccato originale avevano imposto all’uomo la fatica del lavoro ed il bisogno di ottenere il perdono; la scienza arriva arriva riscattando l’uomo dal peccato stesso.
Il nostro mondo senza Dio ( Nietzssche sosteneva nella Gaia Scienza che Dio è morto), dunque, è ugualmente comprensibile, secondo le leggi che ormai lo dominano : il potere del denaro e quello della tecnica. La perdita della speranza di salvezza rappresenta la caduta dell’entusiasmo che ha accompagnato l’uomo nella sua esistenza, relegandolo al nichilismo che oggi lo attanaglia.
A questo punto la platea cade in un silenzio preoccupato sovrastata dalle parole del Professore che rotolano come massi in una frana rovinosa.
Galimberti continua spiegando che la depressione che segna “L’era della Tecnica”, proprio quella che stiamo vivendo, non nasce dall’antico senso di colpa, ma dal senso di inadeguatezza. Ognuno di noi vive il forte imbarazzo di non essere all’altezza della conoscenza richiesta dalla Tecnica che, a sua volta, rappresenta la forma stessa del mondo.
La forte sensazione che nessuno sia più in grado di controllare la tecnica che domina la natura, sbaraglia la figura antropologica gettando l’uomo nel panico.
Neppure la figura del politico, che nel passato era rappresentata dallo statista illuminato, oggi potrebbe realmente intervenire nei complicati meccanismi che regolano tecnica e mercato ( un insieme di regole tecniche che stabilisce l’ordine mondiale).
Il politico oggi, per obiettiva incompetenza rispetto al progresso tecnologico e per naturale inclinazione al compromesso, assurge a figura di terzo ordine, proprio dietro alla tecnica ed al mercato.
Galimberti si spinge ad ipotizzare la tecnica come un reale nemico della democrazia, visto che ci pone di fronte a questioni per le quali siamo competenti.
Sembrava tangibile, tra i velluti di quello splendido teatro, il disagio per il quale ogni spettatore è piombato istantaneamente nel tunnel più buio del baratro: “ sulla basi di quale specifica conoscenza esprimo il mio voto nei confronti del nucleare? O degli OGM? Sono solo stato influenzato dalla simpatia per un politico o da una precisa fede di partito, visto che la mia preparazione in materia è disastrosa?”
Dunque, il Professore confermava che siamo vittime dell’affabulazione di un rappresentante di lista, piuttosto che competenti. Carne da macello per la facile fascinazione, perché ignoranti.
Procedeva inflessibile nell’opera di distruzione dei valori sostenendo che nell’era della Tecnica non è più possibile conservare un’etica: non esiste più morale cristiana nella ricerca scientifica , perché non conta più l’intenzione ma il risultato, come l’innocente costruzione della bomba atomica; non esiste più una morale che conservi gli enti di natura come l’ acqua, l’ aria e la biosfera che sono, per lo più, al servizio dell’Uomo; non esiste più una morale delle responsabilità, perché contano più le conseguenze che subentreranno rispetto alle intenzioni dell’Uomo, come la clonazione.
Qui torna la filosofia di Heidegger che nel 1952 sosteneva :”La cosa più inquietante non è che il mondo si trasformi in un grande apparato tecnico, ma che non siamo in grado di affrontarlo”.
I volti tesi e muti della platea sono rimasti immobili nell’attesa di una soluzione. Nessun contraddittorio a difendere la ricerca sul cancro, per esempio, o qualunque altro ambito a cui abbiamo affidato le nostre speranze di una migliore sopravvivenza.
Il pensiero del Professore era lucido, troppo forse, per opporre una seppur debole domanda di contrasto, ed un paio di deboli tentativi da parte del pubblico, sono clamorosamente falliti.
La soluzione non c’è, sostiene Galimberti.
La platea è ordinatamente uscita con la spiacevole sensazione di non avere speranze: la tecnica che domina il mondo non ha in vista l’uomo, ma solo il suo autopotenziamento. Una domanda, però, sembrava rimbalzare tra le facce mute:
“Ma il Professor avrà sempre indiscutibilmente ragione?”