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Vice Presidente di Film Commission Torino Piemonte - Collaboratore in Staff Assessorato Attività Produttive, Commercio, Lavoro Città di Torino

La vera saggezza sta in colui che sa di non sapere

Nel corso del tempo il lavoro mi ha insegnato che sono infinite le cose che non sappiamo. Da lì, il mio impegno per l'informazione e la divulgazione è diventato "passione".


venerdì 13 gennaio 2012

L’ETERNO FASCINO DI TOSCA






Il Teatro Regio di Torino mette in scena un nuovo allestimento di Tosca in coproduzione con i teatri di Valencia, Monte Carlo e Torre del Lago. Qual è l’eterno fascino di quest’opera?

Perché Tosca è un’opera affascinante?
Perché rappresenta la fuga dell’opera verso il dramma, un’idea di teatro estrema, la più fastidiosa, che solo il talento di Puccini poteva partorire.
Il tratto grottesco di Tosca sale in superficie fin dove il pubblico lo avverte.
E’ un ‘opera ossessiva nel dramma, la cui trama racchiude una fuga dal carcere, due interrogatori, una scena di tortura, un suicidio, un tentativo di stupro, un accoltellamento, una fucilazione, un altro suicidio.
L’ambientazione storica è quella di Roma al tempo delle guerre napoleoniche, cioè l’anno 1800, poco dopo che l’esercito napoleonico di Ferdinando IV di Borbone ha abbattuto la Repubblica instaurata dai francesi e incarcerato i suoi esponenti. Nulla, però, trapela del tratto storico, se non che un breve cenno a Napoleone, a Michail von Melas, all’ufficiale austriaco sconfitto dai francesi a Marengo e alla regina di Napoli. Il Maestro volge la sua attenzione alla trama amorosa, carica di pathos e dolore, al torbido legame di sesso, potere e religione sullo sfondo di una Roma papalina in cui l’ombra della fede aleggia in cerca di potere e dominio.
Cosa potrebbe essere più intrigante?
In Tosca il personaggio più ipnotico è il più cattivo : Scarpia. Non è un malvagio tra tanti, ma rappresenta il mondo in cui si annida il peggior virus che padroneggia in ognuno di noi. E’ una figura volgare, eccessiva nella sua dedizione al male. E’ un splendido amalgama di sadismo, volontà di annientamento e ipocrisia religiosa che trova la sua massima espressione in una delle scene di maggior teatro che l’opera possa offrire: il l Te Deum che domina la fine del primo atto.
Tosca, nel suo personaggio, non è solo un’attrice, è una “diva” e si distingue dalle eroine di Puccini che, pur avendo un’anima drammatica, non amano mai la ribalta.
Mimì, Butterfly e Liù, infatti, incarnano una fragilità che palpita in piccoli gesti sentimentali. Il loro ruolo vive in una teatralità sottratta e intimidita.
Tosca, invece, ha tinte grottesche pur essendo, nella sostanza, una donna insicura e gelosa. I suoi gesti, se pur sinceri, sono invasati di estetismo, nella gioia come nella disperazione. Sono violenti anche i suoi tentativi di indagare nel sentimento del suo amato.
E la musica, come dipinge tanto palpito?
Secondo Mahler con eccessiva brutalità, con un abuso di suoni di campane e campanacci che, però, padroneggiano la sua “Sesta” sinfonia che stava scrivendo proprio in quei giorni. Una strana similitudine con l’inizio del terzo atto di Tosca…..
Alla storia, invece, l’opera è passata come un componimento in cui si annida e trova casa il bel canto, l’ebbrezza della vocalità pura.
Un’incredibile partitura musicale che celebra il trionfo dell’eccesso : la musica ossessionata dal dramma, trova ossigeno nelle sue romanze affascinanti e brevi come lampi.
L’irresistibile fascino del contraddittorio in cui la romanza breve, rispetto ai piaceri del canto nell’opera, lasciano un graffio sulla carne. Come la forza e l’efficacia di un proverbio in un lungo discorso.
Forse è per questo che Tosca ancora ammalia intere platee e l’edizione che viene rappresentata al Teatro Regio di Torino in questi giorni, in coproduzione con i teatri di Valencia, Monte Carlo e Torre del Lago, è di grande efficacia.
Tosca é Svetla Vassileva, soprano ungherese forse troppo elegante per un ruolo a tratti un po’ grottesco, ma brava e carica dell’autorità scenica necessaria.
Perfetto Ladi Ataneli nei panni del perfido Scarpia. Straordinario Marcelo Alvarez in quelli di Cavaradossi.
Lo spettacolo cattura il pubblico anche per la regia del monaghesco Jean Louis Grinda, per l’efficacia delle scene contenute ed eleganti di Isabelle Partiot-Pieri, per le luci perfettamente studiate di Roberto Venturi e per i costumi di Christian Gasc che sa, saggiamente, evitare il tratto grottesco senza rinunciare al grande effetto scenico.
La direzione di Gianandea Noseda è una certezza. Come sempre.