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Vice Presidente di Film Commission Torino Piemonte - Collaboratore in Staff Assessorato Attività Produttive, Commercio, Lavoro Città di Torino

La vera saggezza sta in colui che sa di non sapere

Nel corso del tempo il lavoro mi ha insegnato che sono infinite le cose che non sappiamo. Da lì, il mio impegno per l'informazione e la divulgazione è diventato "passione".


giovedì 6 maggio 2010

VERDE ZAFFERANO A voce alta per la Birmania di Carmen Lasorella



Ho moderato la presentazione del libro di Carmen Lasorella, con il senso di gratificazione che può muovere una piccola giornalista come me, nei confronti di una grande professionista del giornalismo. Ho letto il libro, ammetto, più spinta da un piccolo senso di vanità che di curiosità nei confronti di questo scritto.
In realtà, “Verde Zafferano” ha turbato molti dei miei giorni successivi, ho provato un senso di turbamento per la distanza che il libro mi aveva inaspettatamente fatto percorrere, e la vergogna di non conoscere abbastanza uno spaccato di vita così drammatico.
Carmen Lasorella , in questo libro, racconta come è riuscita a realizzare una delle pochissime interviste ad Aung San Suu Kyi, la voce più alta del dramma birmano.
Suu Kyi , figlia del generale Aung San ucciso dagli avversari politici nel 1947, studia filosofia, scienze Politiche ed Economiche; continua i suoi studi a New York e nel 1972 inizia a lavorare per le Nazioni Unite.
Nel 1988 torna in Birmania nel momento storico in cui s’ insedia il regime militare attuale, per assistere la madre malata. In quel tempo fonda la “Lega Nazionale per la Democrazia” per combattere lo stato totalitario che stritola il paese e cade prigioniera del regime, con la sola possibilità dell’esilio, gesto che Suu Kyi rifiuta.
Nel 1990 la Lega Nazionale vince le elezioni con un risultato schiacciante che viene totalmente ignorato dal regine.
L’anno successivo Suu Kyi vince il Premio Nobel per la Pace ma da allora non le vine più restituita la libertà, nonostante la pressante azione delle Nazioni Unite; nel 2005 viene coinvolta in un agguato in cui perdono la vita molte persone e dal quale si salva miracolosamente.
Ciò che sconvolge la nostra coscienza di occidentali è la modalità di protesta che questa esile donna adotta per combattere la barbarie di un intero regime.
Come Ganghi, come Martin Luther King, Suu Kyi ha fatto una coraggiosa, esemplare scelta di non violenza, insegnando la forza irresistibile del silenzio, l’arma affilata del’indifferenza.
Carmen ben rappresenta in questo libro la serenità sconvolgente emanata da Suu Kyi, quasi un misto affascinante di filosofia buddista e pensiero occidentale. “Il senso della vita che non ti appartiene , che è un continuo fluire , un ponte sul quale non puoi costruire una casa e insieme l’accettazione nitzscheana del cambiamento”.
. Dall’inizio della sua battaglia birmana, Lei ha perso i contatti con la suaq famiglia , rinunciando ai suoi due figli e al marito che non ha potuto vedere morire. Facile, per noi occidentali, considerarla una scelta dettata dal fanatismo, l’innalzamento della barriera che isola i sentimenti.
In realtà Suu Kyi rappresenta una splendida sintesi di cultura asiatica ed europea che ha sublimato le sue scelte per un ideale politico, un esempio ineguagliabile di coraggio intellettuale, un simbolo unico di emancipazione.
Il libro è carico di interessanti riferimenti alle motivazioni economiche, e quindi politiche, che generano il conflitto perché Carmen, grande esperta dei peggiori confitti del pianeta, sa bene che ogni guerra nasconde vergogne più grandi e occulte che sfuggono al nostro sguardo e che, purtroppo, non escludono il tristissimo coinvolgimento del nostro tanto amato occidente.
Questo libro va letto, per interesse, per dovere di coscienza, per senso di responsabilità verso l’umanità tutta e per evitare lo squallido rischio di diventare l’ennesimo turista inconsapevole che visita la Birmania trovandola “un paradiso terrestre”……

ACQUA - LA PIU' ABBONDANTE E LA PIU' SCARSA DELLE RISORSE

Per la cultura greca l’acqua è uno dei quattro elementi costitutivi dell’Universo e, secondo Talete, primo grande filosofo, la matrice da cui tutto si origina.

Per la cultura romana, secondo il Codice Giustiniano, è un bene comune a tutti gli essere umani. Per la cultura contemporanea l’acqua è diventato un bene prezioso in via d’esaurimento, una risorsa prevalentemente economica, dunque, merce che si può acquistare o vendere sul mercato secondo la legge del profitto.

L’acqua rappresenta la più abbondante tra le risorse scarse del pianeta. Costituisce i due terzi della terra, il 97% destinata a mari e oceani e il 3%, a basso grado di salinità, contenuta in ghiacciai, fiumi, laghi e sottosuolo.

La sua distribuzione spaziale è tragicamente asimmetria rispetto alla distribuzione della popolazione: Alcuni continenti, come il Sud America, ne hanno in abbondanza altri, come l’Asia, si trovano in una situazione globale di deficit Attualmente circa 1,2 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile, circa 2,6 miliardi non possono contare su adeguati servizi fognari.

Indubbiamente, la prima causa di tale emergenza può essere imputata alla crescita demografica. Già Malthus, nel lontano 1798, nel suo Saggio sul principio della popolazione, aveva individuato nell’aumento geometrico e aritmetico di tale dato, la spiegazione al declino delle risorse disponibili.

Bisogna inoltre tener conto che l’aumento della domanda delle risorse, compresa l’acqua, è da imputarsi all’incremento esponenziale dei consumi, diretti ed indiretti, di una parte della popolazione, tanto che il consumo di questa risorsa è altissimo nei paesi demograficamente meno consistenti e marginalmente interessati dall’incremento mondiale della popolazione.

La seconda, non meno importante, causa della cattività distribuzione dell’acqua tra i popoli è la disuguale “copertura infrastrutturale”.

I paesi con maggiore diffusione di servizi idrici sono quelli industrializzati, all’interno di ogni paese, le aree urbane sono privilegiate rispetto a quelle rurali e, su scala urbana, i migliori servizi sono forniti nei centri, rispetto alle periferie.

E’ impressionante valutare la differenza di consumo di acqua nei diversi paesi del mondo: il dato oscilla da 600 litri pro capite negli Stati Uniti, a 250 in Europa, a 50 negli Stati Africani, tenuto conto che un abitante in Mozambico ne consuma 10 al giorno, in Gambia, 4,5. Non bisogna mai dimenticare che l’Africa è un continente ricco d’acqua!

E’ facile immaginare quale peso rappresenti il costo dell’acqua sui redditi dei paesi in difficoltà. Il paradosso e la discriminazione aumentano se si pensa che il costo per l’allacciamento alla rete idrica in Manila può rappresentare il reddito di tre mesi, in Uganda quello di sei. Tutto ciò spinge le popolazioni a ricorrere ad approvvigionamenti che non possono garantire la qualità dell’acqua, con le tragiche conseguenze sanitarie che ne derivano, e presso mercati di frode in cui, paradossalmente, il costo dell’acqua aumenta.

E’ logica schiacciante che tanto scompenso sfoci in eterni conflitti, vere guerre per il controllo di un bene così prezioso. Dall’esame cronologico emerge la mappa del disagio nel coro della storia: 20 conflitti dall’anno 3.000 all’anno 0, soprattutto in Mesopotamia; 20 confitti dall’anno 1 al 1.900, soprattutto in Europa negli Stati Uniti.

Dal 1.900, a causa dell’incremento demografico e in seguito alla rivoluzione industriale, le guerre sono cresciute in maniera esponenziale fino ai giorni nostri, che vedono ben quattro continenti colpiti da conflitti e atti terroristici di violenza inaudita.

Le guerre nascono da motivazioni geopolitiche, economiche ed ecologiche; le soluzioni spettano ai governi da sempre più in difficoltà ma, fortunatamente, sempre più impegnati nella lotta alla difesa del nostro pianeta.

I grandi convegni ancora falliscono ma sono il sintomo vitale di un risveglio.

Resta la speranza che sia iniziato il cammino verso la consapevolezza e che un giorno si possa raggiungere una più equa ripartizione delle risorse, compresa l’acqua. Per la fine dei conflitti sarà più dura. Diceva Platone: solo i morti hanno visto la fine della guerra…..