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Vice Presidente di Film Commission Torino Piemonte - Collaboratore in Staff Assessorato Attività Produttive, Commercio, Lavoro Città di Torino

La vera saggezza sta in colui che sa di non sapere

Nel corso del tempo il lavoro mi ha insegnato che sono infinite le cose che non sappiamo. Da lì, il mio impegno per l'informazione e la divulgazione è diventato "passione".


lunedì 25 novembre 2013

TFF: Il RICCARDO III DI ALESSANDRO GASSMANN





Al TFF approda un documentario su un'opera teatrale che sta per debuttare a Torino.
Grande folla per l'incontro con il regista.

Il Torino Film Festival di Paolo Virzì contempla anche il teatro e offre al pubblico un appuntamento intrigante, e certamente illuminante, in merito alla messa in scena di un'opera teatrale.
Alessandro Gassmann approda al Teatro Carignano di Torino con il suo Riccardo III e lo presenta al TFF attraverso uno strumento nuovo ed efficace: un documentario propedeutico allo spettacolo; uno sguardo dalla genesi dello spettacolo alla sera della prima, passando per le prove, la messa in scena e l'attesa per il debutto.
Una breve, simpatica presentazione, duettata con Paolo Virzì, ha introdotto la proiezione girata da Giancarlo Scarchilli.
Alessandro è apparso rilassato e sicuro del “suo “ Riccardo, prima opera di William Shakespeare che affronta da regista. E' stato il felice incontro artistico con Vitaliano Trevisan a convincerlo nel realizzare questo aspro adattamento contemporaneo che arriva al cuore pulsante ed immortale dell'opera shakespeariana, scevro da linguaggi complessi e articolati. La modalità che Alessandro preferisce.
Appare affascinante il suo brutale, deforme Riccardo. Un uomo spietato che non si riscatta mai dalla follia omicida ma che, attraverso la sua fragile diversità, colpisce al cuore.
Atmosfere sceniche di Gianluca Amodio che ricordano quelle di Tim Burton: buio, freddo, suoni sinistri, assenza di colori e palcoscenico su quattro piani di profondità.
Il trucco di Mariano Tufano trasforma Riccardo in un gigante alto più di due metri, gobbo e deforme in un contesto in cui le proporzioni delle scene sono state ridotte per dare risalto alle dimensioni della sua prorompente fisicità, oltre che a quelle della sua barbarie.
Riccardo è crudele, ambizioso e manipolatore, ma anche insicuro, tormentato e spaventato dalla solitudine.
E' bravissimo nel costruire ignobili strategie, ma solo finché non sale al trono, dove resta feroce, ma diventa incapace.
La sua malvagità è motivata dalla sete di potere e dal desiderio di rivalsa che mette in atto per succedere al trono del fratello Edoardo IV. Uccide tutti coloro che ostacolano la sua ascesa, ma paga la sua follia nella battaglia finale contro il Conte di Richmond, futuro VII Tudor.
Alessandro Gassmann è bravo nei panni di un personaggio tanto spietato e lontano da qualunque ammiccamento alla platea.
Nel dibattito che ha seguito la proiezione, è stato fatto l'inevitabile, quanto fastidioso paragone con papà Vittorio che debuttò con la stessa opera a Torino nel febbraio del 1968. E' stato superfluo. Il passato non si discute ma, ormai, Alessandro è lontano da allora.
Oggi Gassmann è solo Alessandro.





HAROLD EAND MAUDE: ECCENTRICA, POETICA COMMEDIA





Il Torino Film Festival, nella sessione "New Hollywood", ha proposto una eccentrica, ironica commedia poetica del 1971.


Tra le proiezioni imperdibili del Torino Film Festival, bisogna citare “H
arold e Maude” di Hal Ashby ( USA 1971).
E' la storia profonda e poetica, quanto impossibile, tra un giovane ricco e depresso, schiacciato da una madre maniacalmente possessiva e una splendida, elegante e vivacissima contessa ottantenne e ribelle.
Nella gabbia dorata e claustrofobica entro la quale il ragazzo cresce, l'unico atto di ribellione diventa il finto suicidio che il tenero Harold tenterà di mettere in scene infinite volte al cospetto di una madre temprata alle sue finzioni e totalmente anaffettiva da saperne porre rimedio.
Unico becco di luce, l'affascinantissima, eccentrica contessa che insegnerà al ragazzo l'amore senza riserve per la vita.
Si tratta di una delicatissima, ironica e attenta lettura della depressione, della sordità al dolore, dell'educazione alla gioia di vivere.
Neppure la sproporzionata differenza di età tra i due protagonisti riesce ad intaccare minimamente l'armonia di un'opera tanto sofisticata e garbata, tanto che la sceneggiatura di Colin Higgins, punto di forza di questa pellicola, venne trasformata
un romanzo e una pièce teatrale di successo.
Grandiosa interpretazione di Ruth Gordon. Efficace la colonna musicale di cat Steavens.
Si ride molto, prima di commuoversi davvero.



LA CARRIERA E LA VITA DI PAOLO VIRZI'


Il Maestro, nel corso della seconda parte di Antropos dedicata a lui, racconta le tappe della sua carriera e della sua vita privata



PAOLO VIRZI' OSPITE AD ANTROPOS


Il Direttore del Torino Film Festival ospite ad Antropos per raccontare il "suo" festival.
Simpatico, energico e pieno di entusiasmo, il Maestro ha presentato un cartellone di film di altissimo profilo e molte novità nell'ambito delle sessioni del festival.

Intervista curata e diretta da Antonella Frontani
Focus curato e diretto dal Giorgio Diaferia
Regia di Davide Minnella
Assistente di studio  Cristina Colet
Segretaria di produzione  Chiara Montalbano












giovedì 21 novembre 2013


Il cardiochirurgo Piero Abbruzzese ospite ad Antropos per parlare delle iniziative che la Fondazione Forma  organizza a favore della raccolta fondi per l'Ospedale Pediatrico  Regina Margherita di Torino.
Nel corso della puntata, il luminare presenta l'Ospedale di Hargeisa, nel Somaliland, presso il quale opera insieme ad un gruppo di volontari.
Il progetto è sostenuto da La Stampa, attraverso Lo Specchio dei tempi.

Conduce Antonella Frontani
In studio Giorgio Diaferia
Regia Davide Minnella
Assistente di studio Cristina Colet



2015: TORINO CAPITALE DELLO SPORT

 Dopo il successo dei World Master Games a Torino, l'Assessore Stefano Gallo, ospite ad Antropos, spiega il percorso seguito per raggiungere  l'investitura a  Capitale Europea dello Sport.

Conduce Antonella frontani
In studio Giorgio Diaferia
Regia Davide Minnella
Assistente di studio Cristina Colet



venerdì 15 novembre 2013

MERITI SENZA LUCE: MARIO DRAGHI



Mario Draghi - Presidente della Banca centrale europea


In tempi di profonda crisi economica, tra liti di partito e scelte non fatte, continua, inesorabile e prezioso, il lavoro del Presidente della Banca centrale europea.

I partiti litigano, si scindono, retrocedono o avanzano rispetto alle promesse fatte.
I politici arrancano per la difesa di posizioni sempre più deboli, dimenticando la responsabilità per la quale sono stati eletti: governare.
In un contesto tanto nebuloso e incerto, continua, inesorabile, il lavoro di Mario Draghi , Presidente della Banca centrale europea, in difesa dell'ultimo avamposto della salvezza: l'euro.
Scarso talento nel comunicare il proprio sforzo, inesistente capacità di affabulare con facili promesse, il Presidente procede nel suo intento di difendere la moneta che, nonostante le apparenze, è ancora una delle più ricche del mondo.
All'interno della Comunità Europea ( e non soltanto in zona euro), l'euro è la moneta dove il commercio internazionale, le invenzioni tecnologiche, il risparmio, le iniziative imprenditoriali rappresentano un peso notevole.
Il delicato lavoro che svolge Mario Draghi è volto alla determinazione del tasso di scambio estero che dipende dalla somma di azioni come la gestione della liquidità da erogare alle banche, e l'amministrazione del tasso di interesse della stessa BCE.
Il Presidente Draghi sa bene che l'economia italiana rappresenta uno spaccato rilevante per il complesso sistema economico europeo.
La nostra forza produttiva non è più rappresentata dalla grandi imprese ma da tutte le realtà medio-piccole, tessuto vitale del sistema. Nell'ambito di questo corollario, molte imprese sono fallite, alcune sopravvivono a fatica ma qualcuna, a sorpresa, ha aumentato i propri prodotti e le proprie esportazioni; in mancanza di una domanda interna calante, sono proprio quelle esportazioni a mantenere in vita l'interno sistema.
Questa azione verrebbe rafforzata se le banche fossero più generose nel concedere finanziamenti a tassi ridotti.
Qui interviene il sotterraneo, prezioso contributo del Presidente.
Lo scorso anno ha aperto una linea di credito di oltre 1.000 miliardi a tassi triennali molto bassi; ha garantito l'impegno a non abbandonare l'euro e ha promesso ( non sono mai promesse vane ) di finanziare un fondo europeo per i paesi in difficoltà che possono accedervi accettando una maggiore vigilanza da parte dell'Europa, della BCE e del Fondo monetario internazionale. Ha dato autorizzazione all'acquisto di una grande quantità di titoli pubblici di vari paesi sul mercato secondario, riconoscendo particolare priorità a quelli in maggiore difficoltà. Ha provveduto a diminuire progressivamente il tasso ufficiale di sconto rispetto al livello raggiunto al momento della sua entrata nella BCE ( 1.5).
Sta lavorando affinché si riconosca necessaria una Unione Bancaria e perchè venga rafforzata la vigilanza sulle banche da parte della BCE.
Mentre nel nostro paese impazza la guerra dei partiti, grazie a queste azioni, sono aumentate, per volume di collocazione e aumento del valore, le emissione dei Bot e Btp.
Tutto ciò producendo una salutare discesa dello spread.
Che dire? Ognuno declama il proprio eroe.
Per alcuni, non serve che urli, che minacci o che prometta inutilmente.
Per molti, un eroe è una persona capace. E onesta.





TASK FORCE ITALO RUSSA A TORINO





A Torino, dall'11 al 14 novembre, si è svolta la  XXIII  Sessione della Task Force Italo Russa.
Convegni, dibattiti, tavole rotonde organizzati per incontrare le più interessanti realtà produttive locali, al fine di intensificazione i rapporti commerciali tra i due paesi.
Il Ministero per lo Sviluppo Economico, di concerto con Il Ministero dei Beni Culturali e l'Anica ( Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche e Audiovisive) ha promosso una sessione interamente dedicata al settore cinema, realtà che rappresenta uno strumento efficacissimo a favorire  la ricaduta economica sul territorio.
Nel corso del seminario sono emerse le reciproche potenzialità di investimento, gli strumenti e le agevolazioni che i due paesi membri  sono pronti a mettere a disposizione affinché l'azienda cinema diventi un importante settore commerciale in campo internazionale, nonché un potente veicolo di comunicazione della cultura locale italiana e russa.

mercoledì 6 novembre 2013




  • Paolo Virzì ed Emanuela Martini - Direttore e Vice Direttore del TFF


E' arrivato.
Esilarante, accogliente, tenerissimo, Paolo Virzì è arrivato a Torino, perché a lui è che è affidata la direzione artistica della 31' edizione del Torino Film Festival.
Nel corso della conferenza stampa che si è tenuta oggi ( 6 novembre ), la città ha sentito una sferzata che ha scosso il festival.
Non era mai stata tanto divertente la presentazione di quest'evento a cui i torinesi tengono tanto, e mai così carica di energia positiva.
In apertura, Virzì ha ironizzato su una polemica che credeva falsa e che, invece, la stampa in sala ha confermato: il TFF è stato presentato a Roma, prima della conferenza di Torino , togliendo il primato alla città.
Il Maestro incredulo e divertito, ha spento il mormorio di risentimento ricordando che il festival è un grande evento mondiale, e non un cine-forum locale. Ha chiesto ai torinesi di non indugiare nella consueta riservatezza, ma di aprire le porte dell'evento al mondo intero. Ha spiegato l'importanza di comunicare e l'ha fatto con il sorriso, scherzando con la platea, ironizzando su se stesso e sui suoi compagni di lavoro.
Il TFF sarà il primo festival cinematografico al mondo ad inaugurare una sezione “Europop”, uno sguardo sui fenomeni di consumo popolare all'estero. La rassegna nasce per capire cos'è che fa ridere i francesi, e cosa fa venire i brividi ai polacchi, cosa fa emozionare gli svedesi e cos'è il grande intrattenimento per gli irlandesi...
After hours, invece, è la sezione dedicata a tutti quei film che, per atmosfera, impianto narrativo e produttivo, eccentricità e provocazione, verranno proiettati “intorno a mezzanotte”, proprio come un tempo si faceva nella fascia notturna delle sale di proiezione.
Il programma del festival fa ben sperare: 185 titoli, 46 anteprime, 4.000 pellicole; il direttore artistico è carico di entusiasmo; le istituzioni investono nell'evento.
Questa è la volta buona che si supererà il record del 100 mila spettatori....

lunedì 4 novembre 2013

RENOIR A TORINO, ED E' SUBITO SUCCESSO


Renoir - Ritratto di donna con veletta



Il 23 ottobre 2013 è stata inaugurata alla Galleria d'Arte Moderna di Torino la mostra “ Renoir – dalle collezioni del Musée d'Orsay e dell'Orangerie”. Lunghe code di attesa per accedere alla visita.

Bisogna avere molto tempo a disposizione per visitare la mostra dedicata a Renoir presso la galleria d'Arte Moderna di Torino.
Non l'affollata, consueta corsa dell'inaugurazione, teatro di incontri sociali che implica una sorda e veloce panoramica sui dipinti scandalosamente ignorati.
Ci vuole il silenzio di un giorno qualunque, e tutto lo spazio necessario affinché ogni tela sia ammirata da vicino (vicinissimo ) e da ogni angolazione lontana.
Fin dalla prima sala sembra emergere l'essenza del genio del Maestro: tutta la sua vita e la sua produzione rappresentano una lunga lezione di felicità, come spiegava il critico Octave Mirbeau. Viveva l'arte come fosse il mestiere del buon operaio e ciò l'ha reso sereno per tutta l'esistenza.
Nel primo decennio del Novecento Renoir vedeva crescere la nuova generazione di artisti rappresentata da Picasso, Matisse, Kandinskij Malevic e Mondrian che attribuivano all'arte il compito più alto di condurre una battaglia critica contro i dettami dell'accademismo dell'arte da Salon, ossia, di quell'ambito ufficiale che otteneva il riconoscimento della borghesia e delle classi alte.
Pur avendo preso parte alla riflessione teorica fin dagli anni sessanta e settanta dell'Ottocento, Renoir resta estraneo al movimento mantenendo una cifra artistica tutt'altro che intellettuale, trasformando le proprie tele in manifesta espressione del piacere della vita e della bellezza naturale.
La pittura di Renoir è un inno alla gioia e la più efficace dimostrazione che il suo mondo é costituito da “un tutto”. Così, gli sfondi dei suoi quadri hanno la stessa importanza dei primi piani. Non sono fiori, volti, montagne, posti gli uni accanto agli altri, ma un insieme di elementi che si fondono, amalgamati da un amore più forte della loro volontà.
E' inebriante quella macchia informe che da vicino sembra nata da schizzi di colore che, passo dopo passo, a solo qualche metro di distanza, diventa la rappresentazione di un intero, definito panorama in movimento.
E nell'insieme ogni elemento è strettamente legato agli altri, tutti in eterno movimento: le fronde degli alberi sembrano realmente mosse dal vento, l'acqua scorre lasciando quasi intuirne lo sciabordio, i passanti sono puntini lontani di cui sembra vederne chiaramente i gesti.
E poi, quel fantastico senso di unicità...
Il rosso dei papaveri , che irrompe nelle sue tele con dolcezza e violenza, determina l'atteggiamento della giovane donna con l'ombrellino.
Il fiore di tiglio, e l'ape che se ne inebria, seguono la stessa corrente percorsa dal sangue che circola sotto la pelle della fanciulla seduta sull'erba. Il tiglio, l'ape, la fanciulla e Renoir sono tutti nello stesso mondo, in un insieme compatto.
Così, secondo questa percezione, l'incendio della foresta provocherà l'inondazione.
L'albero trasformato in carta e poi in parole, porterà gli uomini verso una guerra, o verso la conoscenza di ciò che è bello e grande.
Per Renoir esisteva una correlazione tra la morte del mandarino cinese e un gesto inconsciamente omicida compiuto a Parigi; tra lo scambio di idee tra due emigranti russi poco prima della guerra del 1914, in un caffè di Montparnasse, e il successivo crollo del sistema sociale, negli anni successivi, per effetto della conversazione tra quei due uomini.
Ecco come appare Renoir, anche agli occhi di una semplice visitatrice appassionata.


Ecco perché lo sguardo delle donne che ritrae sembra così profondo da racchiudere il mondo e restituirlo migliore, come in Fanciulla seduta o Madame Bernheim de Villers.
Ecco perché i suoi paesaggi sono conati di luce e gioia, vivi e pulsanti come Il pero d'Inghilterra o Paesaggio a Cannes.
Ecco perché il suo sguardo sull'infanzia stringe la gola con il cappio stretto dell'emozione, come in Ritratto di Pierre o Maternità.
Ma c'è un dipinto che non so dimenticare: Giovane donna con veletta.
Il dipinto ritrae una figura femminile di profilo che rivolge lo sguardo timidamente verso un punto a noi ignoto, sul fondo scuro dell'opera.
Un velo avvolge delicatamente il suo volto quasi simboleggiando l'intimità della scena, splendido brano di pittura illuministica.
In questa tela, in cui predomina il nero secondo l'esempio di Manet, è totalmente assente la profondità spaziale : ad eccezione delle mani, infatti la figura ritratta sembra una superficie piatta, e fra i piccoli tocchi con cui Renoir alleggerisce lo sfondo del dipinto, traspare spesso la superficie grezza della tela. Evidentemente il Maestro – e qui sta la sua arte – non cerca affatto di creare un'illusione ottica: la tela è trattata come una superficie piatta su cui egli stende i suoi colori secondo equilibri e contrasti interni al dipinto.
Il pittore impressionista non cerca la resa realistica del soggetto ma concentra il suo sforzo sullo studio della luce e dei colori, nei loro contrasti e nelle loro armonie.
Insegue il loro riflesso sulle figure umane, sulle stoffe e su ogni dettaglio dei personaggi.
Il ritratto di questa Giovane donna con veletta ti condanna ad ammirarne il fascino, la precisione del tratto indefinito, lo spessore e la delicatezza del suo mistero.
Ecco perché bisogna concedersi tanto tempo per visitare questa mostra. Perché ti porta lontano, molto lontano.




SIMON BOCCANEGRA: lo dirò con due parole...



Teatro Regio di Torino - 9 ottobre 2013 - Regia, scene e costumi di Sylvano Bussotti



Caduto alla prima rappresentazione a Venezia il 12 marzo 1857, applaudito tre mesi dopo a Napoli, fischiato alla Scala il 24 gennaio 1859, infine ripreso oltre vent'anni dopo da un Verdi che aveva già scritto l'Aida e che si accingeva all'Otello, il Simon Boccanegra appartiene al limbo di quelle opere verdiane che non sono interamente riuscite e non diventeranno mai popolari, eppure racchiudono in sé tali motivi d'interesse e tanti spunti di geniali anticipazioni, che non cadranno mai interamente nell'oblio e verranno sempre, periodicamente, “riscoperte” come un capolavoro ingiustamente misconosciuto.”
Con queste poche, efficaci parole Massimo Mila, nei lontani anni '50,  aprì e chiuse il dibattito su Simon Boccanegra.
Non aggiungerei altro, tanto è perfetto il commento.