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Vice Presidente di Film Commission Torino Piemonte - Collaboratore in Staff Assessorato Attività Produttive, Commercio, Lavoro Città di Torino

La vera saggezza sta in colui che sa di non sapere

Nel corso del tempo il lavoro mi ha insegnato che sono infinite le cose che non sappiamo. Da lì, il mio impegno per l'informazione e la divulgazione è diventato "passione".


lunedì 4 novembre 2013

RENOIR A TORINO, ED E' SUBITO SUCCESSO


Renoir - Ritratto di donna con veletta



Il 23 ottobre 2013 è stata inaugurata alla Galleria d'Arte Moderna di Torino la mostra “ Renoir – dalle collezioni del Musée d'Orsay e dell'Orangerie”. Lunghe code di attesa per accedere alla visita.

Bisogna avere molto tempo a disposizione per visitare la mostra dedicata a Renoir presso la galleria d'Arte Moderna di Torino.
Non l'affollata, consueta corsa dell'inaugurazione, teatro di incontri sociali che implica una sorda e veloce panoramica sui dipinti scandalosamente ignorati.
Ci vuole il silenzio di un giorno qualunque, e tutto lo spazio necessario affinché ogni tela sia ammirata da vicino (vicinissimo ) e da ogni angolazione lontana.
Fin dalla prima sala sembra emergere l'essenza del genio del Maestro: tutta la sua vita e la sua produzione rappresentano una lunga lezione di felicità, come spiegava il critico Octave Mirbeau. Viveva l'arte come fosse il mestiere del buon operaio e ciò l'ha reso sereno per tutta l'esistenza.
Nel primo decennio del Novecento Renoir vedeva crescere la nuova generazione di artisti rappresentata da Picasso, Matisse, Kandinskij Malevic e Mondrian che attribuivano all'arte il compito più alto di condurre una battaglia critica contro i dettami dell'accademismo dell'arte da Salon, ossia, di quell'ambito ufficiale che otteneva il riconoscimento della borghesia e delle classi alte.
Pur avendo preso parte alla riflessione teorica fin dagli anni sessanta e settanta dell'Ottocento, Renoir resta estraneo al movimento mantenendo una cifra artistica tutt'altro che intellettuale, trasformando le proprie tele in manifesta espressione del piacere della vita e della bellezza naturale.
La pittura di Renoir è un inno alla gioia e la più efficace dimostrazione che il suo mondo é costituito da “un tutto”. Così, gli sfondi dei suoi quadri hanno la stessa importanza dei primi piani. Non sono fiori, volti, montagne, posti gli uni accanto agli altri, ma un insieme di elementi che si fondono, amalgamati da un amore più forte della loro volontà.
E' inebriante quella macchia informe che da vicino sembra nata da schizzi di colore che, passo dopo passo, a solo qualche metro di distanza, diventa la rappresentazione di un intero, definito panorama in movimento.
E nell'insieme ogni elemento è strettamente legato agli altri, tutti in eterno movimento: le fronde degli alberi sembrano realmente mosse dal vento, l'acqua scorre lasciando quasi intuirne lo sciabordio, i passanti sono puntini lontani di cui sembra vederne chiaramente i gesti.
E poi, quel fantastico senso di unicità...
Il rosso dei papaveri , che irrompe nelle sue tele con dolcezza e violenza, determina l'atteggiamento della giovane donna con l'ombrellino.
Il fiore di tiglio, e l'ape che se ne inebria, seguono la stessa corrente percorsa dal sangue che circola sotto la pelle della fanciulla seduta sull'erba. Il tiglio, l'ape, la fanciulla e Renoir sono tutti nello stesso mondo, in un insieme compatto.
Così, secondo questa percezione, l'incendio della foresta provocherà l'inondazione.
L'albero trasformato in carta e poi in parole, porterà gli uomini verso una guerra, o verso la conoscenza di ciò che è bello e grande.
Per Renoir esisteva una correlazione tra la morte del mandarino cinese e un gesto inconsciamente omicida compiuto a Parigi; tra lo scambio di idee tra due emigranti russi poco prima della guerra del 1914, in un caffè di Montparnasse, e il successivo crollo del sistema sociale, negli anni successivi, per effetto della conversazione tra quei due uomini.
Ecco come appare Renoir, anche agli occhi di una semplice visitatrice appassionata.


Ecco perché lo sguardo delle donne che ritrae sembra così profondo da racchiudere il mondo e restituirlo migliore, come in Fanciulla seduta o Madame Bernheim de Villers.
Ecco perché i suoi paesaggi sono conati di luce e gioia, vivi e pulsanti come Il pero d'Inghilterra o Paesaggio a Cannes.
Ecco perché il suo sguardo sull'infanzia stringe la gola con il cappio stretto dell'emozione, come in Ritratto di Pierre o Maternità.
Ma c'è un dipinto che non so dimenticare: Giovane donna con veletta.
Il dipinto ritrae una figura femminile di profilo che rivolge lo sguardo timidamente verso un punto a noi ignoto, sul fondo scuro dell'opera.
Un velo avvolge delicatamente il suo volto quasi simboleggiando l'intimità della scena, splendido brano di pittura illuministica.
In questa tela, in cui predomina il nero secondo l'esempio di Manet, è totalmente assente la profondità spaziale : ad eccezione delle mani, infatti la figura ritratta sembra una superficie piatta, e fra i piccoli tocchi con cui Renoir alleggerisce lo sfondo del dipinto, traspare spesso la superficie grezza della tela. Evidentemente il Maestro – e qui sta la sua arte – non cerca affatto di creare un'illusione ottica: la tela è trattata come una superficie piatta su cui egli stende i suoi colori secondo equilibri e contrasti interni al dipinto.
Il pittore impressionista non cerca la resa realistica del soggetto ma concentra il suo sforzo sullo studio della luce e dei colori, nei loro contrasti e nelle loro armonie.
Insegue il loro riflesso sulle figure umane, sulle stoffe e su ogni dettaglio dei personaggi.
Il ritratto di questa Giovane donna con veletta ti condanna ad ammirarne il fascino, la precisione del tratto indefinito, lo spessore e la delicatezza del suo mistero.
Ecco perché bisogna concedersi tanto tempo per visitare questa mostra. Perché ti porta lontano, molto lontano.