Il
23 ottobre 2013 è stata inaugurata alla Galleria d'Arte Moderna di
Torino la mostra “ Renoir – dalle collezioni del Musée d'Orsay e
dell'Orangerie”. Lunghe code di attesa per accedere alla visita.
Bisogna
avere molto tempo a disposizione per visitare la mostra dedicata a
Renoir presso la galleria d'Arte Moderna di Torino.
Non
l'affollata, consueta corsa dell'inaugurazione, teatro di incontri
sociali che implica una sorda e veloce panoramica sui dipinti
scandalosamente ignorati.
Ci
vuole il silenzio di un giorno qualunque, e tutto lo spazio
necessario affinché ogni tela sia ammirata da vicino (vicinissimo )
e da ogni angolazione lontana.
Fin
dalla prima sala sembra emergere l'essenza del genio del Maestro:
tutta la sua vita e la sua produzione rappresentano una lunga lezione
di felicità, come spiegava il critico Octave Mirbeau. Viveva l'arte
come fosse il mestiere del buon operaio e ciò l'ha reso sereno per
tutta l'esistenza.
Nel
primo decennio del Novecento Renoir vedeva crescere la nuova
generazione di artisti rappresentata da Picasso, Matisse, Kandinskij
Malevic e Mondrian che attribuivano all'arte il compito più alto
di condurre una battaglia critica contro i dettami dell'accademismo
dell'arte da Salon, ossia, di quell'ambito ufficiale che otteneva il
riconoscimento della borghesia e delle classi alte.
Pur
avendo preso parte alla riflessione teorica fin dagli anni sessanta e
settanta dell'Ottocento, Renoir resta estraneo al movimento
mantenendo una cifra artistica tutt'altro che intellettuale,
trasformando le proprie tele in manifesta espressione del piacere
della vita e della bellezza naturale.
La
pittura di Renoir è un inno alla gioia e la più efficace
dimostrazione che il suo mondo é costituito da “un tutto”. Così,
gli sfondi dei suoi quadri hanno la stessa importanza dei primi
piani. Non sono fiori, volti, montagne, posti gli uni accanto agli
altri, ma un insieme di elementi che si fondono, amalgamati da un
amore più forte della loro volontà.
E'
inebriante quella macchia informe che da vicino sembra nata da
schizzi di colore che, passo dopo passo, a solo qualche metro di
distanza, diventa la rappresentazione di un intero, definito
panorama in movimento.
E
nell'insieme ogni elemento è strettamente legato agli altri, tutti
in eterno movimento: le fronde degli alberi sembrano realmente mosse
dal vento, l'acqua scorre lasciando quasi intuirne lo sciabordio, i
passanti sono puntini lontani di cui sembra vederne chiaramente i
gesti.
E
poi, quel fantastico senso di unicità...
Il
rosso dei papaveri , che irrompe nelle sue tele con dolcezza e
violenza, determina l'atteggiamento della giovane donna con
l'ombrellino.
Il
fiore di tiglio, e l'ape che se ne inebria, seguono la stessa
corrente percorsa dal sangue che circola sotto la pelle della
fanciulla seduta sull'erba. Il tiglio, l'ape, la fanciulla e Renoir
sono tutti nello stesso mondo, in un insieme compatto.
Così,
secondo questa percezione, l'incendio della foresta provocherà
l'inondazione.
L'albero
trasformato in carta e poi in parole, porterà gli uomini verso una
guerra, o verso la conoscenza di ciò che è bello e grande.
Per
Renoir esisteva una correlazione tra la morte del mandarino cinese
e un gesto inconsciamente omicida compiuto a Parigi; tra lo scambio
di idee tra due emigranti russi poco prima della guerra del 1914, in
un caffè di Montparnasse, e il successivo crollo del sistema
sociale, negli anni successivi, per effetto della conversazione tra
quei due uomini.
Ecco
come appare Renoir, anche agli occhi di una semplice visitatrice
appassionata.
Ecco
perché lo sguardo delle donne che ritrae sembra così profondo da
racchiudere il mondo e restituirlo migliore, come in Fanciulla
seduta o
Madame
Bernheim de Villers.
Ecco
perché i suoi paesaggi sono conati di luce e gioia, vivi e pulsanti
come Il
pero d'Inghilterra o Paesaggio a Cannes.
Ecco
perché il suo sguardo sull'infanzia stringe la gola con il cappio
stretto dell'emozione, come in Ritratto
di Pierre
o Maternità.
Ma
c'è un dipinto che non so dimenticare: Giovane
donna con veletta.
Il
dipinto ritrae una figura femminile di profilo che rivolge lo sguardo
timidamente verso un punto a noi ignoto, sul fondo scuro dell'opera.
Un
velo avvolge delicatamente il suo volto quasi simboleggiando
l'intimità della scena, splendido brano di pittura illuministica.
In
questa tela, in cui predomina il nero secondo l'esempio di Manet, è
totalmente assente la profondità spaziale : ad eccezione delle mani,
infatti la figura ritratta sembra una superficie piatta, e fra i
piccoli tocchi con cui Renoir alleggerisce lo sfondo del dipinto,
traspare spesso la superficie grezza della tela. Evidentemente il
Maestro – e qui sta la sua arte – non cerca affatto di creare
un'illusione ottica: la tela è trattata come una superficie piatta
su cui egli stende i suoi colori secondo equilibri e contrasti
interni al dipinto.
Il
pittore impressionista non cerca la resa realistica del soggetto ma
concentra il suo sforzo sullo studio della luce e dei colori, nei
loro contrasti e nelle loro armonie.
Insegue
il loro riflesso sulle figure umane, sulle stoffe e su ogni dettaglio
dei personaggi.
Il
ritratto di questa Giovane
donna con veletta ti
condanna ad ammirarne il fascino, la precisione del tratto indefinito, lo spessore e la delicatezza del suo mistero.
Ecco
perché bisogna concedersi tanto tempo per visitare questa mostra.
Perché ti porta lontano, molto lontano.