domenica 27 novembre 2011
VAN GOGH E IL VIAGGIO DI GAUGUIN
E’ stato un viaggio fantastico quello dentro la mostra allestita nel Palazzo Ducale a Genova. Ottanta capolavori provenienti da tutto il mondo.
E’ stato come seguire Eugène-Henri-Paul Gauguin nella sua vita vagabonda che lo porta da Marsiglia a Tahiti, attraverso la lettura della sua somma opera “Da dove veniamo? Cosa siamo?Dove andiamo?”.
E’ stato come affiancare Vincent Van Gogh nel tortuoso percorso della sua vita interiore, complessa e tragicamente umana.
Quaranta sue splendide opere per definire una delle più curate “personali” sull’artista; la raccolta delle sue lettere originali per raccontare la sua vita, i suoi tormenti, gli sprazi di luce che illuminano la sua mente, generosamente proiettate sulle pareti che affiancano le opere, nell’intento di descrivere con pienezza lo stato d’animo che muoveva il suo pennello.
L’elemento che ha fortemente connotato l’esperienza di Gauguin e Va Gogh fu la convinzione comune di annunciare , con la propria opera, una nuova via d’espressione. Entrambi fondarono la loro arte sul colore, evocativo dei sentimenti in Gauguin, e necessario a Van Gogh per esprimere l’inquietudine interiore che tormentava la sua labile psiche.
Le prime opere di Van Gogh esposte nella mostra riguardano il periodo precedente al suo soggiorno parigino ( 1886 -1888 ) durante il quale nella cittadina di Neunen , nel Brabante olandese, ritrasse luoghi e abitanti della zona, soprattutto contadini e tessitori. Con questo grande artista si consuma l’ultimo definitivo strappo con l’arte impressionista , poiché non si limita più a rappresentare la realtà apparente, ma si sforza di esprimere l’esperienza emozionale e spirituale che prova davanti al mondo, rifiutando qualunque convenzionalità o abbellimento. Un periodo artistico fortemente suggestionato dalla pittura francese legata ai temi sociali di Millet e Draumier; i colori dorati della terra accostano la sua produzione artistica a quella fiamminga.
Il suo arrivo a Parigi, dove raggiunge il fratello Theo a cui sono dedicate il maggior numero di lettere, comporterà un radicale cambiamento cromatico e formale.
Il viaggio insieme a Van Gogh continua, dunque, illuminato dalla luce del sud dove la sua tavolozza si schiarisce , mentre l’uso della spatola viene progressivamente sostituito a una pennellata che si fa violenta e spezzata.
Entusiasta dei paesaggi luminosi e dei colori forti del mezzogiorno, narra la sua gioia in lunghe lettere indirizzate al fratello e alla madre, in cui racconta il suo stupore di fronte alla natura, che riuscirà a trasferire nei suoi quadri. Convince Gauguin, di cui apprezza moltissimo l’opera, a raggiungerlo. Dopo poco, però, i rapporti tra i due artisti si incrinano tragicamente, forse peggiorati dalle crisi nervose che colpiscono Van Gogh sempre più frequentemente.
Le sue opere, in questo tratto di mostra, sembrano indicare ad ognuno di noi, il percorso che l’anima deve seguire per illuminare i propri tormenti. E’ entusiasmante.
La parte finale della sua “personale”, approda nell’ospedale psichiatrico di Saint-Rémy dove decide di farsi internare. Conscio della sua malattia, sembra accettare le sorti di quell’isolamento, trovando la fuga nella pittura che ruba scorci di giardino, e vedute del cielo che sembrano superare il recinto di quel paradiso forzato.
L’ultima opera del viaggio è quella del suo autoritratto, dove il viso scavato di un uomo vinto dalla vita, riesce a riprodurre fedelmente ogni solco che segna i suoi tormenti.
Le ultime opere esposte, sono quelle del periodo successivo il manicomio durante il quale, tra crisi e stati di lucidità, dipinge un numero elevatissimo di opere. Rifugiato presso il dottor Gachet, amico di Cézanne e Pissarro, dipinge l’ultima parte del suo viaggio e, per questo, la tavolozza cromatica trasuda efficaci effetti di colori espressivi: il suo animo tormentato. Muore suicida in uno dei campi che tanto ha amato, dopo aver scritto l’ultima, fondamentale lettera al fratello Theo.
La citata opera di Gauguin, invece, rappresenta una metafora della vita, dall’infanzia alla vecchiaia, ma anche una meditazione sul suo senso, un confronto tra la natura e la ragione, rappresentata dalle due donne in atteggiamento pensoso.
Il confronto più sorprendente di fronte al quale ci pone il curatore della mostra, Marco Golden, è quello tra l’artista statunitense Mark Rothko, spesso definito “espressionista astratto”vissuto nella prima metà del Novecento, e Joseph Mallord William Turner, la cui produzione artistica risale a cento anni prima.
E’ incredibile come quest’ultimo riuscì ad esprimere quel senso del sublime e di spiritualità del colore che nella prima metà dell’Ottocento sembrava un linguaggio ignoto. L’affiancamento delle tele dei due artisti mostra due paesaggi con vedute intime nascoste ed infinite, dove la pittura sembra indagare una realtà ulteriore, e mostrare l’invisibile.
Il viaggio all’interno della mostra passa attraverso opere di Monet e Hopper, fino a Kandinsky, lasciando ad ognuno la possibilità di ritrovarsi.
La musica, accuratamente scelta per essere appropriata ad ogni passaggio, facilita il cammino.
Ne vale davvero la pena. Fino al 15 aprile 2012.