Matteo
Renzi approda al Lingotto di Torino per la penultima tappa del tour
per le primarie. Intervista di Mario Calabresi. Il discorso di Piero
Fassino apre l'incontro.
La sala Gialla del
Lingotto di Torino, quella in cui Walter Veltroni nel 2007 lanciò il
Partito democratico, oggi era gremita già un'ora prima dell'arrivo
del Sindaco di Firenze, Matteo Renzi.
Ha aperto l'incontro il
Sindaco di Torino Piero Fassino, che con il suo discorso ha decretato
il suo appoggio al candidato.
Ha ricordato che Matteo
parla al paese intero e che bisogna confrontarsi con una sinistra
che non ha paura per guardare al cambiamento. Le sue parole sono,
come di consueto, autorevoli, serie, tipiche di chi non scherza
mentre arringa. Il pubblico applaude come fosse riconoscente per
tanta determinazione in un momento in cui ogni certezza sembra
svanire. E, forse, applaude alla probabilità che possa diventare
Presidente del partito.
Matteo arriva in ritardo
e, prima di iniziare, si scusa con i presenti per la mancata
puntualità.
Sfoggia la sua aria
scanzonata ma grintosa. Gesticola, dialoga con il pubblico, racconta
aneddoti ( anche calcistici ), recita, eppure, ogni sua affermazione
sprigiona forza, entusiasmo, estrema serietà verso la necessità di
concretezza. Di fatti concreti, quelli che nessun governo ha mai
compiuto.
Mario Calabresi lo
intervista incalzando con domande ironiche, quasi pungenti: “Prodi
ha detto che alle primarie voterà, ma per salvare il bipolarismo. Tu
cosa rispondi?” “E' possibile fare il Sindaco di Firenze ed il
Segretario del partito contemporaneamente?” “Se da lunedì sarai
Segretario qual è il primo gesto che farai ( e che potrebbe fare
titolo)?”
Per Matteo ogni
provocazione è un'occasione ghiotta per fare spettacolo. E' a suo
agio e trasforma i momenti critici in gag.
Poi, decide di vestire i
panni del futuro leader e inizia ad elencare i punti del suo
programma. Intenzioni e soluzioni.
Parte dalla riforma
elettore e spiega che il suo obiettivo è quello di studiare il
miglior tecnicismo per garantire cinque anni di lavoro stabile al
governo vincente.
Passa al taglio dei costi
alla politica: abolizione del Senato ( che diventerebbe Camera delle
Autonomie) e taglio dello stipendio ai consiglieri regionali, i quali
non potrebbero guadagnare uno stipendio maggiore di quello percepito
dal sindaco.
Annuncia la volontà di
studiare un metodo di semplificazione del sistema burocratico, e una
politica intenta a sostenere il lavoro dei giovani, non solo delle
strutture dedite alla formazione. Elogia la green economy e la sua
potenzialità nel creare posti di lavoro.
Diventa serissimo quando
spiega la necessità di intervenire nel mondo della scuola per
garantire un buon sistema educativo senza il quale un paese non può
sopravvivere.
Continua la sua arringa in
pieno fair play. Nessun attacco a Bersani ( già sconfitto dalla
storia), o per ai due candidati Cuperlo e Civati. Massimo rispetto
per gli avversari. Punta gli occhi negli occhi della platea e ricorda
a tutti che i nemici sono Beppe e Silvio: il primo non ha combinato
nulla, ma sa fare un'opposizione efficace; il secondo ha fatto danni,
ma sa comunicare.
Non critica Letta, ma lo
esorta ad azioni concrete.
Non si accanisce contro il
modello di partito strutturato suggerito da Bersani, e che la storia
ha dimostrato inefficace, ma suggerisce la propria idea di partito
con una struttura a rete in cui ogni piccolo circolo potrà decidere
alla stregua dei vertici.
E' proprio capace a
catturare la platea. Convince, diverte e rassicura.
Il suo obiettivo
principale? Recuperare i milioni di voti persi: possibilmente anche a
destra.