Perché elogiare la Follia?
Perché offre l’inestimabile opportunità di parlare oltre ogni criterio razionale, dichiarando le più crude verità. Concede il lusso di oscillare tra il falso ed il vero, tra il giusto e l’errato.
Perché rende possibile il ritorno dei vecchi ( calpestati dalle durezze della vita), all’ingenuità felice dell’infanzia.
Perché autorizza l’elogio del sesso, anche quando è proibito, lasciando che un possibile cardinale ( rifiutò la nomina), decanti il piacere quale sublimazione della vita terrena.
Usare la Follia per spiegare l’errore di giudizio che induce la donna ad accettare un marito cerbero. O l’ uomo, a sopportare una moglie dispotica.
L’intuizione fantastica di Erasmo è quella di osare il gioco seducente della Follia per alterare i colori sbiaditi della realtà, per guizzare tra gli equivoci, per concedersi il privilegio dell’autoadulazione fino a godere della propria bellezza, intelligenza, stirpe e luogo di nascita ( come sosterrà poi anche Descartes).
Nel suo Elogio, Erasmo inchioda ogni attività intellettuale, fino ad arrivare alla fede ( “ la follia in Dio è più sapiente degli uomini”).
Nulla poteva essere tanto attuale ad ogni epoca, più di questo trattato che presta luce ai deliri dell’anima sulla prepotenza del corpo ; un saggio che fornisce bagliori alla vita di ogni mortale piegato dal peso di colpe, rimorsi, rimpianti, errori e pentimenti.
Figlio d’un prete, Erasmo fu inizialmente vicino alla riforma religiosa di Lutero ( anche se ben diciassette anni distanziavano le due figure) contenuta nelle 95 tesi, affisse nella chiesa del castello di Wittenberg, e con la quale separava la fede dalle opere e dalla grazia, il peccato dal giudizio, suscitando gravi dubbi sui principi correnti dell’etica.
In questo panorama, Erasmo prese le distanze da Lutero e scrisse “Sul libero Arbitrio”, principio condiviso con la Chiesa, secondo il quale venivano delineate le responsabilità di ogni uomo per i suoi atti.
Siamo all’inizio del Cinquecento, fiorente periodo in cui si affermavano prepotentemente gli ideali riformistici, duramente combattuti dalla Chiesa, ma che lasciarono tracce indelibili.
Lutero ed Erasmo, due figure agli antipodi: il primo massiccio e volitivo, rozzo e irruente, medievaleggiante e fratesco; il secondo sottile e indagatore, raffinato ed ironico, imbevuto di cultura umanistica. Il distacco diventa tale per cui Erasmo non abbandonerà mai la Chiesa di Roma; le sue opere verranno condannate nel primo Index librorum prohibitorum solo nel 1559.
Lo spirito di Erasmo, europeo, pacifista, imbevuto di cultura umanistica e fondato sui classici, influenzerà non poco l’attività dei grandi scrittori.
Ecco che la Follia, da lui elogiata, ispira il tenero e goffo Don Chisciotte, cavaliere errante la cui mente vaga tra realtà e finzione, che affronta la guerra indossando un catino, credendolo un elmo, e che dedicherà ogni sua eroica azione ad una contadina che crede madonna.
Anche Ariosto sembra ispirarsi alle teorie erasmiane quando Orlando perde il suo senno, finito sulla luna.
Ecco, dunque, la saggezza di Erasmo che scrive:”Come una sapienza alla rovescia è il massimo della follia, così una saggezza distorta è quanto di meno opportuno”, “Gli ostacoli principiali per farsi un’idea delle cose sono il ritegno, che annebbia lo spirito, e la paura, che mostrando i pericoli distoglie dal prendere iniziative. La follia libera magnificamente da entrambi”.
Queste sono le ragioni per cui leggere questo attualissimo saggio, faro per il nostro futuro; guida per liberasi dalle gabbie interiori che schiacciano il petto fino a bloccare ogni respiro di vita. Perché Erasmo, anticipando una concezione laica del mondo, sosteneva che “i moribondi, come ispirati, fanno discorsi stupefanti”.