venerdì 15 aprile 2011
Scalfari racconta l'Uomo Italiano Medio di De Sanctis
Come previsto, è stata una lezione magistrale quella che Eugenio Scalfari ha tenuto al Teatro Carignano di Torino , in occasione della Biennale della Democrazia.
Avrebbero dovuto essere presenti tutti, da destra e da sinistra, di ogni estrazione sociale e culturale, perché il ritratto che ha proposto è quello dell’Italiano Medio.
Come di consueto, la sua attenta analisi è partita da lontano, come per ricordare che la lettura del presente non può prescindere dallo studio del passato e che ogni moto, anche sociale, torna a ripetersi, con le stesse dinamiche. Purtroppo, anche attraverso gli stessi errori.
Per gli spettatori più prevenuti avrebbe dovuto trattarsi della conferenza di “un comunista”. Invece, ha rappresentato le riflessioni di un liberale ( evitando il temine più internazionale e chic di “liberal”) schierato a sinistra. Ciò ha comportato, secondo la logica della correttezza, una valutazione onesta dei limiti di ogni schieramento.
La sua analisi è partita dalla definizione che Francesco De Sanctis, deputato del primo Parlamento Italiano e Primo Ministro dell’Istruzione nel periodo post-unitario, dava del “carattere e della nervatura della persona”. De Sanctis riteneva che esistesse un nesso strettissimo tra il pensiero ed il linguaggio, e che l’uno fosse necessario ad attivare l’altro.
La struttura della lingua di una persona, dunque, rappresenta la “nervatura” ed il “carattere” stesso dell’individuo; non si può vivere senza l’esercizio continuo delle due attività ( linguaggio e pensiero). Tanto meno governare con saggezza.
La premessa è servita a spiegare il comportamento degli italiani fortemente influenzati da una cultura che, da sempre, li spinge a seguire i moti emotivi dell’esistenza, piuttosto che sospingerli verso un’attenta analisi dei fatti.
Ciò ha rappresentato, invece, il pregio del partito comunista italiano ( diverso da quello di altri paesi ), che ha improntato tutta la propria attività alla luce di una forma mentis dedita alla valutazione di ogni evento accaduto, fino all’esame del proprio fallimento. Un aspetto che ha certamente rappresentato anche un limite, ma che ha stabilito un rapporto diretto tra pensiero e linguaggio, allo scopo di raggiungere la piena consapevolezza del proprio operato. Ciò ha comportato la valutazione del “particulare”.
Questo processo è quello che ha dato vita ad un’ importante funzione svolta dal partito comunista italiano : l’educazione delle masse.
La borghesia italiana invece, secondo Scalfari, non ha mai voluto seguire una modalità così “scomoda” da valutare il dettaglio, rinunciando , di conseguenza, alla guida del Governo, affidato ad interposte figure.
E’ quanto è avvenuto in Italia, in cui il triangolo economico dei poteri forti è diventato una grande cometa che racchiude tanti poteri ( le partecipazioni intrecciate nei sistemi di banche e finanziarie, per es.), la cui scia racchiude tutti i poteri piccoli e medi delle imprese del nord-est. La figura del piccolo imprenditore non può essere interessato ad una valutazione globale del sistema, ma sarà portato a difendere il suo “particulare”.
A quel punto, non conta più chi governa, ma diventa importante compiacere il potere di volta in volta, secondo, le proprie necessità.
Ecco, dunque, che si delinea la figura dell’uomo secondo la scuola cattolica liberale di Alessandro Manzoni, e quella secondo la scuola democratica liberale, a capo di cui si trovava Giuseppe Mazzini.
Manzoni, anti –romantico come un classicista non fu, però tale, perché gettò le basi della letteratura nazional- popolare e, nel suo capolavoro letterario “I Promessi Sposi”, diede vita alla figura di Don Abbondio, che ben rappresenta “l’Uomo attento al suo particulare”.
Scalfari ripercorre le traversie di un prete dalle buone intenzioni ma asservito al potere ( Rappresentato da Don Rodrigo), al punto di venire meno alle proprie responsabilità, e scagionato da questa stessa accusa dalla società ( Il Cardinale), alla luce di un potere superiore più forte e arrogante.
Don Abbondio rappresenta, appunto, il fondamento del carattere italiano, ossia, l’Uomo Italiano Medio.
L’attenzione al dettaglio storico posta nell’analisi di Eugenio Scalfari, la visione globale del quadro politico passato e presente, la correttezza imposta al processo di valutazione hanno trasformato il suo intervento in un viaggio magico attraverso la storia. Il teatro non aveva più confini, né a destra né a sinistra, solo un grande orizzonte davanti. E lo vedevamo tutti attraverso i suoi occhi puntati “per l’alto mare aperto”.