Da Tex a Giuda, da Bruto a Iago, da Stalin a Don Giovanni, passando per Topolino…il Prof. Giorello tracci, nel suo libro, a la storia de “Il tradimento”
Si può pensare che sia un libro di intrattenimento, in realtà, questo lavoro di Giulio Giorello, Ordinario di Filosofia della Scienza all’Università degli Studi di Milano, è un libro complesso.
Maurizio Ferraris, che insieme a Claudio Bartocci ha accompagnato il professore nel corso della presentazione al Salone del Libro 2012, ha aperto l’incontro partendo da un solido presupposto: il legame sociale si fonda sulla promessa; senza di essa non può esistere la società civile, e il tradimento rappresenta la rottura della promessa stessa.
Perché scrivere un tale saggio?
Perché evocare in un libro le figure di Caino e Abele, i due tragici spettri che si uccisero contemporaneamente dopo essersi fronteggiati con un pugnale stretto nella destra celata dietro le spalle, e che Dante colloca nel peggior luogo dell’inferno?
Perché oggi ( come sempre, forse) è diffusa tra gli uomini la pratica del tradimento ( in amore, in politica o in amicizia ) ma, mai come adesso, priva di quella dimensione epica che la rendeva una sfida a Dio e agli uomini.
Il Professor Giorello ha scritto questo libro perché la dimensione del tradimento è molto complessa.
Spesso chi tradisce non ne ha la vera consapevolezza. L’incoscienza conclamata a tale attitudine, è rappresentata, per esempio, dal celebre filosofo Heidegger, realmente ossessionato dall’autenticità tanto da formularne una teoria fondamentale nel 1927 ( Essere e tempo ), ed essere smentito dalle dichiarazioni di Hannah Arendt, sentimentalmente e segretamente legata a lui, che lo considerava eternamente bugiardo.
E’ una condizione dal duplice ( o triplice ) aspetto, quella del tradimento, secondo la quale coloro che vengono considerati traditori per molti, per altri non lo sono affatto.
Alcuni lo diventano per scelta, come il fisico Heisemberg che, schiacciato tra l’alternativa di dichiararsi incapace di produrre la bomba atomica “nazista” o spacciarsi traditore, ha scelto la seconda opzione, spinto dall’orgoglio del dotto.
Il Professore, nel suo libro ci ricorda, però, che può esistere un uso geniale, creativo, addirittura virtuoso del tradimento, come insegnava Machiavelli nel suo Principe: “ In che modo i principi debbono osservare la fede” quando il Segretario fiorentino sosteneva che per mantenere la parola data ed assurgere a modello di lealtà “ a un principe non è necessario avere in fatto tutte le soprascritte qualità, ma è ben necessario parere di averle”.
Anche Mozart e Da Ponte, con il loro Don Giovanni, ci insegnano a conoscere una figura di traditore in cui la perfidia non coincide né con la menzogna, né con il tradimento, bensì con la burla. Verso tutti, senza ostentazione di violenza, come in Iago, o di volgare maschilismo ( per lo meno, non solo), in particolare, contro le istituzioni.
Anche in molte tragedie di Shakespeare torna la forma del tradimento in tutte le sue sfaccettature, come nel Riccardo III, parabola di un principe machiavelliano, cattivo per eccellenza, il cui agire, però, è riscattato da una seppur flebile giustificazione: tradire il rappresentante di una stirpe la cui regalità ha origine da un tradimento.
Il libro di Giorello è un lavoro laico, lontano da qualunque intenzione di giudizio morale sul tradimento. E’ un’attenta analisi di questo processo che tutti ci riguarda.
Andrebbe letto perché il tradimento è l’enigma celato della storia cristiana. Soprattutto, per chiarire il fondamentale dubbio: si può essere infedeli a se stessi?
Nell’epilogo del suo libro Girello ricorda che “l’umano tradimento può indicare se non la stella della redenzione, almeno il piacere provato dai ribelli, seppure a caro prezzo” e, citando un passo del primo atto della tragedia di Goethe, in cui Mefistofele canzona Faust, ricorda che “la luce è venuta nel mondo”, ma gli esseri umani” hanno armato le tenebre più che la luce”.