E'
nelle pieghe del rapporto tra Gianni Agnelli e il premio Nobel per la
Pace Henry Kissinger che si può cogliere l'aspetto più
introspettivo dell'Avvocato.
L'ex
segretario di Stato americano è stato suo grande amico per più di
trent'anni, e il forte rapporto con lui rappresentava l'ammirazione
che Agnelli nutriva per la cultura americana carica di energia e
innovazione.
L'Avvocato
visse con orgoglio la sua appartenenza culturale a Torino, eppure, fu
brillante interlocutore di una figura autorevole come Kissinger che
lo ricorda cittadino del mondo, guidato da una filosofia attenta d
principi di democrazia, apertura sociale, e innovazione.
L'Avvocato
rivendicava la sua torinesità e, nel contempo, emanava il fascino
dell'uomo globale.
In
una lunga intervista pubblicata da “La Stampa”, Kissinger traccia
l'aspetto più introspettivo e seducente dell'amico, l'introspezione
dell'uomo lontana della storia del personaggio pubblico narrata dai
libri.
Appartiene
alla storia, infatti, la sua dedizione alla FIAT, conscio del valore
economico che l'azienda di famiglia rappresentava per il suo paese, e
l'attenzione alla città dalla quale non si allontanò mai davvero,
pur vivendo ovunque con grande spigliatezza.
Kissinger
ricorda, invece, l'uomo: il suo charme che era fatto di calore, il
suo stile che non era mai affettato ma naturale, la sensibilità che
gli faceva cogliere la leggerezza e la profonda malinconia in una
composizione di Mozart.
Narra
della straordinaria fisicità che lo portava a sfidare il pericolo
alla guida di potenti auto, o di aerei che faceva atterrare in
qualunque condizione, e dell'urgenza con cui trascinava l'amico
nella contemplazione di un'opera di Michelangelo.
Era
tifoso della sua squadra con la stessa passione che ardeva in curva,
pur emanando elenganza in ogni gesto, come un levriero a caccia.
Inevitabilmente
amato da molte donne, restò leale alla sua famiglia con il senso di
protezione e responsabilità di un capo-branco.
Henry
che, come lui fu militare, ricorda come Gianni mantenne per sempre
l'aria seducente di ufficiale di cavalleria che fu da ragazzo.
Come
ogni grande uomo, sopportò i dolori della sua malattia con una
grande dignità e senza alcun lamento.
L'unico
dolore che lo gettò nel silenzio e nel suo baratro fu la morte di
suo figlio Edoardo. La dignità implose nel buio della sofferenza.
Fu
un uomo autorevole nel mondo tanto da rischiare di essere ricordato
come una figura lontana, quasi snob. Invece quel modo tutto suo di
inclinarsi verso l'interlocutore gettandogli gli occhi negli occhi lo
rendeva vero, semplice e straordinariamente irresistibile.
Quello
era lo charme...