Mi
trovo in Umbria perché qui ci sono le mie radici, pur abitando
lontano da questa terra.
Mi
sembrava il luogo ideale per finire il libro che sto scrivendo, e la
via migliore per raggiungere il luogo più lontano: me stessa.
E'
proprio tra le colline del Perugino che la sera del 22 agosto ho
raggiunto il Monastero di San Biagio per l'inaugurazione dell'ottava
edizione del suo Festival di concerti di musica classica.
E'
incredibile il senso di serenità che può infondere un antico
monastero templare in cui trovavano riparo i pellegrini che, diretti
verso la Terra Santa, transitavano per la via Flaminia.
Un
luogo che mostra tracce di vita fin dal 900 d.c., in cui il lavoro
paziente e saggio dei monaci che lo abitavano, lo trasformava
nell'approdo più accogliente per le anime.
Sprigiona
un'atmosfera suggestiva e autorevole che solo un luogo sacro può
infondere, anche in uno spirito laico come il mio, imponendo un
istintivo rispetto e una forte spinta alla riflessione interiore.
E'
stata una grande intuizione, quella che otto anni fa ha dato vita ad
un festival di concerti di musica classica.
Il
potere emotivo della musica sembra rafforzare la seduzione del luogo
e un concerto diventa un lungo viaggio attraverso se stessi.
L'inaugurazione
a cui ho partecipato prevedeva un programma ardito: il Trio per
flauto, violoncello e pianoforte di Bohuslav Martinu, “Il
Carnevale degli animali” di Camille Saint Saens e “Las Cuatro
Estaciones Portenas” di Astor Piazzolla. L'esecuzione era affidata
al FortePiano Trio composto da Leonora Armellini al pianoforte,
Tommaso Benciolini al flauto e Ludovico Armellini al violoncello.
La
piccola sala era gremita da un pubblico formato da affezionati e
auditori di passaggio, tutti pronti all'ascolto ma ancora ignari del
piccolo miracolo.
Dopo
un'esecuzione corretta delle musiche di Martinu, fin dalle prime
note de “Il Carnevale degli Animali” di Saint Saens, l'atmosfera
è diventata più densa, l'attenzione più profonda.
E'
un compositore appartenente al Neoclassicismo e strettamente legato
alla tradizione, eppure, dotato di un'abilità straordinaria che gli
ha permesso di sperimentare forme nuove nell'elaborazione tematica.
Le
sue opere levigate, logiche, mai eccessive, hanno rappresentato il
più alto collegamento stilistico tra Liszt e Ravel e ne Il Carnevale
sembra emergerne tutta la forza: uno splendido “gioco” musicale
con cui Saint Saens rappresentò il mondo animale alludendo al genere
umano, di cui provò un ingiustificato pudore professionale.
Il
FortePiano Trio ha eseguito l'opera con stupefacente rigore nei
confronti delle intenzioni della composizione: dolce, goliardica e
frenetica a tratti, secondo le necessità della rappresentazione.
Il
concerto prevedeva, nel finale, “Las Cuatro Estaciones Portenas”
di Piazzolla, opera che ha acceso la platea come un rogo improvviso.
La
forza della musica di questo compositore sembra essersi rigenerata
nel forte contrasto con i puristi del tango argentino che hanno
considerato per anni Piazzolla un compositore dissacrante. Invece,
proprio il suo lavoro di riformatore del tango e strumentista
d'avanguardia, ha permesso di realizzare opere di indiscussa bellezza
che hanno ottenuto, nel tempo, i più prestigiosi riconoscimenti. E'
stato il suo coraggio ad introdurre elementi del jazz e strumenti
inusuali nel tango, e la straordinaria tenacia del Maestro Aldo
Pagani, a svolgere la più efficace divulgazione delle opere . Il
cinema scoprì questo grande artista e se ne innamorò. Da
Bellocchio a Rosi, da Fernando Solanas a Terry Gillian, fino a
Salvatores.
I
tre giovani esecutori sono stati all'altezza del suo eclettico vigore
e hanno saputo ben condurre il passaggio dai virtuosismi matematici
di Saint Saens, alle frenesie struggenti del maestro argentino.
E'
stato tenerissimo e entusiasmante ritrovare Leonora Armellini che
avevo ascoltato esibirsi come giovane pianista nelle “Serate
Musicali” milanesi di MiTo, intuizione formidabile del Maestro
Restagno. Ora è una pianista formata e di grande talento, come i
suoi compagni Tommaso e Ludovico.
Non
era il primo concerto che ascoltavo a San Biagio, e so bene che
l'alto livello di preparazione dei suoi artisti è una buona certezza
del Festival.
Probabilmente
il fatto di aver lavorato per anni in una fondazione lirico sinfonica
mi aiuta a capire con più facilità le molteplici difficoltà che si
possono incontrare organizzando una
rassegna
musicale, nel tentativo di garantirne la qualità artistica e
l'efficenza organizzativa.
Con
una differenza: una grande istituzione può fare leva sulla propria
forza rappresentativa e finanziaria, mentre una giovane
organizzazione deve puntare solo sulle proprie forze e capacità.
Ecco
perché penso che Mirko Fava e Anna Villani, direzione artistica e
organizzativa, abbiano fatto un lavoro egregio nei confronti di una
rassegna che, per di più, è gratis.
E'
stato un bel risultato il riconoscimento al festival da parte dei
comuni di Assisi e Nocera Umbra che lo hanno accettato nei propri
confini.
Merita
una lunga vita questo festival ci cui , sono sicura, beneficerà
anche il mio libro strutturato sulla musica.
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