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Vice Presidente di Film Commission Torino Piemonte - Collaboratore in Staff Assessorato Attività Produttive, Commercio, Lavoro Città di Torino

La vera saggezza sta in colui che sa di non sapere

Nel corso del tempo il lavoro mi ha insegnato che sono infinite le cose che non sappiamo. Da lì, il mio impegno per l'informazione e la divulgazione è diventato "passione".


lunedì 17 dicembre 2012

GABRIELE LAVIA HA FATTO TUTTO PER BENE



Al Teatro Carignano di Torino il Maestro ha messo in scena il suo Pirandello ed è Tutto per bene

Gabriele Lavia non è solo un bravissimo attore.
Non è solo un regista geniale.
Non è solo un uomo di teatro.
E' un animale del palcoscenico che fonde la sua forza con la torba con cui ammanta tutti i suoi spettacoli.
E' un urlo che agghiaccia la platea, e il silenzio studiato per stordirla fino a disorientarla.
Non so recensire il suo spettacolo perché non è lucido il mio giudizio, ma torto dalla pietà per quel personaggio che lui ben rappresenta nel suo dolore imploso, e dal fremito che mi ha scosso con la sua rivalsa, alla luce di una perfida verità.
Lavia ha scelto una delle opere di Pirandello meno rappresentate che l'autore definì non solo “filosofica” ma anche “passionale”.
Rappresentazione d'un dramma, quand'esso è già finito da vent'anni, Tutto per bene narra del benservito a un uomo, Martino Lori, a cui si sono fatte rappresentare, a sua insaputa, nel miglior modo possibile e proprio per bene, tutte le parti, d'amico, di marito, di padre, di suocero, per poi avere la dimostrazione di essere stato ingannato e, per giunta, creduto vile, nella convinzione che fosse al corrente del tradimento subito: sua figlia non è nata dal profondo amore che lo legava alla “sua” defunta Silvia, ma dalla relazione clandestina di sua moglie con il suo stimatissimo, amatissimo mentore.
Il Maestro, nel primo atto, incarna con perfezione inquietante il passo pesante e sconsolato di un uomo vinto e afflitto, fino a smorzare la sua voce in un sibilo di disperazione. Non c'è speranza in quell'incedere e lo spettatore sente forte l'oppressione di un dolore come fosse il proprio.
Nel secondo atto Martino Lori, proprio nel buio totale di una stanza, apprende per la prima volta e con lo sgomento che ne può seguire, la più crudele verità.
Proprio come insegnava Pirandello, è il buio a rivelare le cose, a farle vedere nella loro chiarezza e Lavia, che preferisce il buio per rappresentare i suoi drammi e spiegarne ogni risvolto più nascosto, ha scelto questa opera per mostrare il percorso che conduce alla verità.
Proprio quando Martino viene trafitto dall'involontaria confessione della sua amata figlia, il Maestro esplode con la sua violenza irrefrenabile e sfodera una imperdibile lezione di recitazione. Non c'è più nulla di umano nel fragore delle urla di Martino, eppure, la sua disperazione è straordinariamente dignitosa, commovente.
La voce si spezza in rantoli, mentre i gesti restano immancabilmente contenuti, come nel contrasto più efficace: il dolore non fa smorfie...
Il cast è di ottimo livello, le scene eleganti ed efficaci nelle loro studiate esagerazioni, la regia è sapientemente studiata nel dettaglio ma io non ricordo altro che la perfezione di  quel contrasto, tra la desolazione e la furia del dolore.



Puoi vedere l'intera intervista a Gabriele Lavia sul web journal www.ecograffi.it o nel  canale di You tube interamente dedicato ad "Antropos".