Shell di Scott Graham è stato premiato come miglior film al TFF. Una storia di dolore, abbandono, incapacità di reagire e bisogno di fuga.
Ho
visto diversi film al Torino Film Festival, molti dei quali ben
fatti, come Shell.
Qualcuno
mia ha commosso; alcuni un po' annoiato. Tutti di buon livello
artistico, come Shell.
Il
premio assegnato al film di Scott Graham, però mi ha sorpreso perchè
si tratta di un film che non tornerei a vedere.
La
sceneggiatura, sempre opera del regista, è un tuffo negli abissi
della solitudine, e ogni attimo di quella pellicola è studiato per
non concedere fiato al senso di abbandono, né oasi al deserto dei
sentimenti.
E'
un film oggettivamente ben girato, e fantastici sono i panorami e i
tramonti che Graham è andato a cercare nelle mitiche Highlands
scozzesi ma ciò che rende questo film un'opera dimenticabile è la
totale assenza di emozioni.
L'algido,
perfetto meccanismo di assenza dei sentimenti messo in piedi dal
regista ben rappresenta il nodo attorno al quale ruota il tormento
della storia: il dolore insuperabile lasciato dall'abbandono e la
conseguente, totale, mancanza della capacità d'amare, dopo che un
danno ha lacerato l'anima.
Shell
narra il baratro di un padre depresso che vive da tanti anni, dopo
l'abbandono della propria moglie, con la figlia adolescente in una
stazione di servizio in un posto sperduto delle magnifiche Highlands
scozzesi.
L'unica
possibilità di amore e relazione umana risiede in questo sghembo
rapporto tra anime lacere, che hanno pagato duramente l'assenza della
donna e che vivono chiusi nella propria incapacità di manifestare
affetto reciproco.
Anche
un timido, naufragato tentativo di incesto affettuoso fallisce
lasciando un più forte senso di amarezza nella palude solitaria in
cui galleggiano.
Ogni
moto di mancata tenerezza fra loro dovrebbe sortire nello spettatore
almeno un vago senso di commozione, forse anche per il tentativo di
effusioni incestuose, invece, ogni sequenza è studiata con
attenzione perchè non susciti alcuna reazione emotiva, se non che
desolazione.
E'
evidente che questo fosse l'obiettivo del regista, perfettamente
riuscito, ma per lo spettatore medio, lontano dalle sofisticate
letture dei critici, il cinema è ancora ricerca di emozioni, come la
commozione e il forte bisogno di identificazione.
Questo
film, invece, impone il distacco dal dolore, la freddezza
dell'analisi, il bisogno di fuga da quel senso di solitudine di cui è
impregnato il film e che rappresenta il nostro peggior incubo.
Ecco
perchè non tornerei a vedere Shell.
Ecco
perchè non lo avrei premiato.