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Vice Presidente di Film Commission Torino Piemonte - Collaboratore in Staff Assessorato Attività Produttive, Commercio, Lavoro Città di Torino

La vera saggezza sta in colui che sa di non sapere

Nel corso del tempo il lavoro mi ha insegnato che sono infinite le cose che non sappiamo. Da lì, il mio impegno per l'informazione e la divulgazione è diventato "passione".


giovedì 2 maggio 2013

FINANZA E POLITICA. QUALE RELAZIONE?





Le vicende politiche interne al nostro paese sembrano spostare l'attenzione da quello che accade nei mercati finanziari. Eppure, non può esistere un'interruzione nel rapporto tra politica e finanza. Tanto meno, incompetenza. Pena, la recessione.

Abbiamo faticato ad avere un Governo. Non siamo riusciti ad eleggere un nuovo Presidente della Repubblica e, senza disconoscere il valore di Napolitano, è stata una bella dimostrazione di impotenza.
Al di là di ogni facile accusa alla classe politica attuale ci si chiede, con apprensione, quale rassicurazione essa stessa possa offrire nei confronti della spietata legge dei mercati finanziari internazionali.
Tempo fa rimasi folgorata da una lectio magistralis di Umberto Galimberti sul ruolo della politica nei confronti della finanza. La sua sapienza, la sua ratio e la sua innegabile capacità oratoria riuscirono a sbalordire l'intera platea di un teatro circa la debole posizione dell'uomo politico rispetto alla vera forza dominante nella società del nostro secolo: la Finanza, mostro incontrollabile perché mosso da meccanismi sconosciuti per la politica che dovrebbe governarlo. Panico!
Tento una riflessione: cos'è l'Economia? E la Finanza?
Tendo a credere che se l'Economia è lo studio della gestione, acquisizione e organizzazione delle risorse scarse per il miglioramento della nostra vita dominata da fattori economici, l'Economia Finanziaria non è che lo studio della misurazione e della gestione del rischio, vero polmone che ne assorbe ogni effetto.
Stabilire il nesso tra la politica e il governo del rischio finanziario è necessario per garantire stabilità. Ma la politica è in grado di assolvere a questo compito?
Se la valutazione del rischio non fosse fondamentale, tutta la teoria della finanza si spiegherebbe più facilmente. In realtà, nel campo finanziario l'aspetto più strettamente legato al rischio è il tempo, per cui ogni scelta intertemporale comporta una decisione di cui si vedranno gli effetti solo nel corso degli anni successivi. E' il caso del rischio legato al mercato dei titoli.
I titoli derivati, diventati tristemente noti dopo la crisi finanziaria del 2008, sono nati proprio per ridurre la possibilità di rischio. Sono contratti che agiscono come polizze e hanno come principale funzione quella di trasferire il rischio ad un altro soggetto.
Derivano il loro valore da un'altra attività definita”sottostante”, e ne esiste un tipo per ogni settore che abbia rilevanza per l'economia: petrolio, oro, grano, valute e azioni.
I derivati rinegoziano il rischio legato ad operazioni sottostanti dietro il pagamento di un prezzo, provvedendo a trasferirlo e compensarlo alla luce di due scopi:
  1. funzionare come un'assicurazione che metta il sottoscrittore al riparo da eventi futuri non prevedibili come, ad esempio, la fluttuazione di una valuta o la quotazione di un'azione o materia prima;
  2. speculare su questi stessi eventi.
Per tradurre dette intenzioni basti pensare all'acquisto di azioni per le quali, tre mesi dopo, viene pagato un prezzo fissato in partenza ( es. 100), assicurando il sottoscrittore dal rischio che il prezzo sia più altro ( es. 120). Una sorta di scommessa che può essere fatta anche puntando sul futuro rialzo della quotazione e del conseguente guadagno che ne deriverebbe.

I titoli derivati non sono un'invenzione recente ma piuttosto antica, tenuto conto che risalgono fin dai tempi di Aristotele. E' vero, però, che solo dagli anni 70 del secolo scorso il loro impiego è diventato esponenziale quando, cioè, la combinazione di scienza finanziaria, tecnologia informatica, telecomunicazioni e, soprattutto, la necessità del trasferimento del rischio, ne hanno comportato l'esplosione.
Per molte persone i derivati, per la difficoltà legata alla definizione del loro valore e per il fatto che rappresentano prodotti finanziari scambiati sui mercati, sono titoli difficili da comprendere e da regolamentare.
Eppure i titoli in questione, sono fondamentali per regolare anche il rischio nei tassi di interesse bancari dovuto al loro disallineamento. Infatti, le banche si rivolgono a due tipologie di clienti: coloro che chiedono un prestito ( ad es. un mutuo per l'acquisto di una casa), e coloro che prestano denaro alla banca attraverso i depositi.
I tassi, in questi due casi, sono diversificati essendo fissi per il denaro prestato, e variabili per le liquidità introitate. Se il tasso d'interesse variabile sale, aumenta l'effetto negativo sui profitti della banca. Specularmente, se i tassi di interesse si riducono, la banca realizza un profitto. Per le banche, dunque, esiste un rischio troppo alto legato alla fluttuazione dei tassi d'interesse. Anche qui interviene la funzione di un titolo derivato appositamente studiato ( Interest Swap).
Ma quale è la formula che regola la funzione di un derivato permettendo di stabilire un valore incalcolabile come quello di un rischio? Chi ha studiato questa formula?
Negli anni 70 tre studiosi, Myron Sholz, Fischer Black e Robert Merton ( allievo brillante del Premio Nobel per l'economia 1970 Paul Samuelson) iniziarono a lavorare su una metodologia, piuttosto robusta, per calcolare il valore del rischio arrivando a pubblicare, separatamente, due distinti articoli sul Journal of Political Economy.
Nacque la formula matematica Black & Sholz ( così denominata da Merton), e prese vita il Chicago Board Options Exchange, la più importante borsa del mondo per la negoziazione dei titoli. Finalmente era nato un mercato dei titoli e lo strumento necessario a permettere il loro scambio: la formula B&S.
Dunque, il segreto di un titolo derivato e della sua straordinaria efficacia, è espresso in un modello matematico la cui affidabilità è stata a lungo valutata dai più prestigiosi ambiti prestigiosi : la formula suddetta che, nel 1997, portò il Nobel per l'economia a Myron Sholz e Robert Merton ( Fischer Black nel frattempo era morto).
Ma allora, perché è scoppiata la crisi finanziaria del 2008, sfociata nel fallimento delle grandi banche mondiali come Lehman Brothers?
Vuol dire che non possiamo riporre fiducia negli infallibili modelli matematici?
Non proprio.
Tutto iniziò negli Stati Uniti con la crisi dei mutui subprime. Si trattava di una condizione economica non ideale in cui soggetti ad alto rischio di insolvenza accedevano ai muti, esponendo i creditori ( le banche), ad un alto rischio.
Il contesto era quello di una grande bolla immobiliare in cui. il fenomeno dei crediti subprime, saliva proporzionalmente al valore degli immobili ( anno 2000 ).
Gli istituti di credito, per garantirsi dall'alto rischio di insolvenza, facevano ricorso a nuovi strumenti finanziari come i derivati, al fine di trasferire il rischio a terzi soggetti e ottenere nuova liquidità di investire.
Ma ogni bolla scoppia, come quella immobiliare nel 2007.
L'implosione del mondo immobiliare e l'innalzamento dei tassi dei muti contribuirono ad aumentare la morosità e l'insolvenza dei debitori innescando una crisi finanziaria senza
precedenti. Venne paragonata a quella del 1929 ma, ben presto, divenne mondiale.
Le proprietà tornarono sul mercato e i crediti non recuperati, sminuzzati e venduti a investitori e a banche di tutto il mondo, causarono l'arresto nel sistema dei prestiti.
Fu il “Credit Crunch”, ovvero, il drastico calo nelle disponibilità di credito di cui leggemmo le conseguenze sui giornali di tutto il mondo ( fallimentoLehamn Brothers ).
L'aumento del costo del petrolio e di ogni genere di prima necessità innescò la crisi che investì tutti i paesi dell'occidente, fino alla recessione.
Avvenuto ciò, i titoli derivati divennero, per la pubblica opinione fonte di incertezza e di grandi paure. Ma è giusto pensare che il problema scaturì per un imprecisione del modello matematico o che, invece, le cause ebbero altre origini?
Secondo gli esperti, al di là di indubbie manovre speculative, la più preoccupante ragione risiede nel cattivo utilizzo di modelli assolutamente attendibili, perché tra le peggiori sciagure vi è quella dell'incompetenza che spinge la politica a manovre inconsapevoli di strumenti che non conosce.
Ecco, dunque, riaffiorare le lucide, spietate dichiarazioni di Galimberti che spaventarono la platea attonita: il mal governo della finanza, per mano di una politica mediamente incompetente, getta le sorti dell'umanità in un futuro pieno di incertezze!
Che la politica ( compresa quella del nostro neonato governo) torni ad affidarsi in mani esperte e non casuali....