Le
vicende politiche interne al nostro paese sembrano spostare
l'attenzione da quello che accade nei mercati finanziari. Eppure, non
può esistere un'interruzione nel rapporto tra politica e finanza.
Tanto meno, incompetenza. Pena, la recessione.
Abbiamo
faticato ad avere un Governo. Non siamo riusciti ad eleggere un nuovo
Presidente della Repubblica e, senza disconoscere il valore di
Napolitano, è stata una bella dimostrazione di impotenza.
Al
di là di ogni facile accusa alla classe politica attuale ci si
chiede, con apprensione, quale rassicurazione essa stessa possa
offrire nei confronti della spietata legge dei mercati finanziari
internazionali.
Tempo
fa rimasi folgorata da una lectio magistralis di Umberto Galimberti
sul ruolo della politica nei confronti della finanza. La sua
sapienza, la sua ratio e la sua innegabile capacità oratoria
riuscirono a sbalordire l'intera platea di un teatro circa la debole
posizione dell'uomo politico rispetto alla vera forza dominante nella
società del nostro secolo: la Finanza, mostro incontrollabile perché
mosso da meccanismi sconosciuti per la politica che dovrebbe
governarlo. Panico!
Tento
una riflessione: cos'è l'Economia? E la Finanza?
Tendo
a credere che se l'Economia è lo studio della gestione, acquisizione
e organizzazione delle risorse scarse per il miglioramento della
nostra vita dominata da fattori economici, l'Economia Finanziaria non
è che lo studio della misurazione e della gestione del rischio, vero
polmone che ne assorbe ogni effetto.
Stabilire
il nesso tra la politica e il governo del rischio finanziario è
necessario per garantire stabilità. Ma la politica è in grado di
assolvere a questo compito?
Se
la valutazione del rischio non fosse fondamentale, tutta la teoria
della finanza si spiegherebbe più facilmente. In realtà, nel campo
finanziario l'aspetto più strettamente legato al rischio è il
tempo, per cui ogni scelta intertemporale comporta una decisione di
cui si vedranno gli effetti solo nel corso degli anni successivi.
E' il caso del rischio legato al mercato dei titoli.
I
titoli derivati, diventati tristemente noti dopo la crisi finanziaria
del 2008, sono nati proprio per ridurre la possibilità di rischio.
Sono contratti che agiscono come polizze e hanno come principale
funzione quella di trasferire il rischio ad un altro soggetto.
Derivano
il loro valore da un'altra attività definita”sottostante”, e ne
esiste un tipo per ogni settore che abbia rilevanza per l'economia:
petrolio, oro, grano, valute e azioni.
I
derivati rinegoziano il rischio legato ad operazioni sottostanti
dietro il pagamento di un prezzo, provvedendo a trasferirlo e
compensarlo alla luce di due scopi:
- funzionare come un'assicurazione che metta il sottoscrittore al riparo da eventi futuri non prevedibili come, ad esempio, la fluttuazione di una valuta o la quotazione di un'azione o materia prima;
- speculare su questi stessi eventi.
Per
tradurre dette intenzioni basti pensare all'acquisto di azioni per le
quali, tre mesi dopo, viene pagato un prezzo fissato in partenza (
es. 100), assicurando il sottoscrittore dal rischio che il prezzo sia
più altro ( es. 120). Una sorta di scommessa che può essere fatta
anche puntando sul futuro rialzo della quotazione e del conseguente
guadagno che ne deriverebbe.
I
titoli derivati non sono un'invenzione recente ma piuttosto antica,
tenuto conto che risalgono fin dai tempi di Aristotele. E' vero,
però, che solo dagli anni 70 del secolo scorso il loro impiego è
diventato esponenziale quando, cioè, la combinazione di scienza
finanziaria, tecnologia informatica, telecomunicazioni e,
soprattutto, la necessità del trasferimento del rischio, ne hanno
comportato l'esplosione.
Per
molte persone i derivati, per la difficoltà legata alla definizione
del loro valore e per il fatto che rappresentano prodotti finanziari
scambiati sui mercati, sono titoli difficili da comprendere e da
regolamentare.
Eppure
i titoli in questione, sono fondamentali per regolare anche il
rischio nei tassi di interesse bancari dovuto al loro
disallineamento. Infatti, le banche si rivolgono a due tipologie di
clienti: coloro che chiedono un prestito ( ad es. un mutuo per
l'acquisto di una casa), e coloro che prestano denaro alla banca
attraverso i depositi.
I
tassi, in questi due casi, sono diversificati essendo fissi per il
denaro prestato, e variabili per le liquidità introitate. Se il
tasso d'interesse variabile sale, aumenta l'effetto negativo sui
profitti della banca. Specularmente, se i tassi di interesse si
riducono, la banca realizza un profitto. Per le banche, dunque,
esiste un rischio troppo alto legato alla fluttuazione dei tassi
d'interesse. Anche qui interviene la funzione di un titolo derivato
appositamente studiato ( Interest Swap).
Ma
quale è la formula che regola la funzione di un derivato permettendo
di stabilire un valore incalcolabile come quello di un rischio? Chi
ha studiato questa formula?
Negli
anni 70 tre studiosi, Myron Sholz, Fischer Black e Robert Merton (
allievo brillante del Premio Nobel per l'economia 1970 Paul
Samuelson) iniziarono a lavorare su una metodologia, piuttosto
robusta, per calcolare il valore del rischio arrivando a pubblicare,
separatamente, due distinti articoli sul Journal of Political
Economy.
Nacque
la formula matematica Black & Sholz ( così denominata da
Merton), e prese vita il Chicago Board Options Exchange, la più
importante borsa del mondo per la negoziazione dei titoli. Finalmente
era nato un mercato dei titoli e lo strumento necessario a permettere
il loro scambio: la formula B&S.
Dunque,
il segreto di un titolo derivato e della sua straordinaria efficacia,
è espresso in un modello matematico la cui affidabilità è stata a
lungo valutata dai più prestigiosi ambiti prestigiosi : la formula
suddetta che, nel 1997, portò il Nobel per l'economia a Myron
Sholz e Robert Merton ( Fischer Black nel frattempo era morto).
Ma
allora, perché è scoppiata la crisi finanziaria del 2008, sfociata
nel fallimento delle grandi banche mondiali come Lehman Brothers?
Vuol
dire che non possiamo riporre fiducia negli infallibili modelli
matematici?
Non
proprio.
Tutto
iniziò negli Stati Uniti con la crisi dei mutui subprime. Si
trattava di una condizione economica non ideale in cui soggetti ad
alto rischio di insolvenza accedevano ai muti, esponendo i creditori
( le banche), ad un alto rischio.
Il
contesto era quello di una grande bolla immobiliare in cui. il
fenomeno dei crediti subprime, saliva proporzionalmente al valore
degli immobili ( anno 2000 ).
Gli
istituti di credito, per garantirsi dall'alto rischio di insolvenza,
facevano ricorso a nuovi strumenti finanziari come i derivati, al
fine di trasferire il rischio a terzi soggetti e ottenere nuova
liquidità di investire.
Ma
ogni bolla scoppia, come quella immobiliare nel 2007.
L'implosione
del mondo immobiliare e l'innalzamento dei tassi dei muti
contribuirono ad aumentare la morosità e l'insolvenza dei debitori
innescando una crisi finanziaria senza
precedenti. Venne paragonata a quella del 1929 ma, ben presto, divenne mondiale.
Le
proprietà tornarono sul mercato e i crediti non recuperati,
sminuzzati e venduti a investitori e a banche di tutto il mondo,
causarono l'arresto nel sistema dei prestiti.
Fu
il “Credit Crunch”, ovvero, il drastico calo nelle disponibilità
di credito di cui leggemmo le conseguenze sui giornali di tutto il
mondo ( fallimentoLehamn
Brothers ).
L'aumento
del costo del petrolio e di ogni genere di prima necessità innescò
la crisi che investì tutti i paesi dell'occidente, fino alla
recessione.
Avvenuto
ciò, i titoli derivati divennero, per la pubblica opinione fonte di
incertezza e di grandi paure. Ma è giusto pensare che il problema
scaturì per un imprecisione del modello matematico o che, invece,
le cause ebbero altre origini?
Secondo
gli esperti, al di là di indubbie manovre speculative, la più
preoccupante ragione risiede nel cattivo utilizzo di modelli
assolutamente attendibili, perché tra le peggiori sciagure vi è
quella dell'incompetenza che spinge la politica a manovre
inconsapevoli di strumenti che non conosce.
Ecco,
dunque, riaffiorare le lucide, spietate dichiarazioni di Galimberti
che spaventarono la platea attonita: il mal governo della finanza,
per mano di una politica mediamente incompetente, getta le sorti
dell'umanità in un futuro pieno di incertezze!
Che
la politica ( compresa quella del nostro neonato governo) torni ad
affidarsi in mani esperte e non casuali....