Prove di balletto in scena
E’ stata inaugurata a Torino la
mostra dedicata ai capolavori di Degas.
La grandezza di Edgar Degas risiede nella
sua capacità indiscussa di “stregare la verità”, e non in senso esoterico,
mistico o simbolico, piuttosto, nel senso di raggiungere la verità nello stile
e lo stile nella verità.
Il suo atto di stregoneria poetica sta
nella metamorfosi del dato occasionale in motivo unico e assoluto; nel far
divenire eterno il presente, traducendo la sua immagine in forma.
E’ così che sono nati i suoi capolavori.
Primo di cinque figli, Degas nasce a Parigi
nel 1834; termina i suoi studi in Giurisprudenza, per condiscendenza nei
confronti del padre ma, appena possibile, entra nello studio del pittore,
allora noto, Felix-Joseph Barrias, che lo avvierà in seguito alla pittura di
storia. La sua formazione avviene alla
luce del fascino che su di lui esercitano i maestri del XV e XVI secolo prima,
e di quella degli artisti del Seicento più tardi, come Holbein e Van Dyck; fino
ad arrivare all’influenza dell’Ottocento con Delacroix, Ingres e Daumier. E ognuno di questi grandi maestri sembra aver lasciato la propria indelebile
impronta sui dipinti di Degas.
La mostra generosa che Torino ha dedicato
al Maestro comprende ottanta delle sue opere, tra tele e sculture, e resterà
alla Palazzina Promotrice delle Belle Arti fino al 27 gennaio 2013.
La sensazione del visitatore è immediatamente
quella di venir avvolto dallo slancio giovanile di Degas
verso la formazione classica, tipica impostazione degli allievi di
Ingres. Agli esordi, la sua dedizione alla
figura umana, secondo l’esercizio classico del nudo, lo porterà allo studio dei
grandi mastri del passato: Botticelli e,
ancor prima, Michelangelo, folgorato dal
suo Schiavo morente, di cui copierà l’opera esposta a Parigi.
Il primo di questi capolavori a sprigionare
fascino alla Promotrice di Torino è la grande tela che rappresenta la Famiglia
Bellelli , dipinto che raffigura uno spaccato domestico della famiglia che accolse
l’artista a Firenze.
Il genere del ritratto interessa l’artista
fin dal momento della sua formazione e, in quegli anni, Degas esegue una suite
di tele dal sapore del vero e proprio album di famiglia. Di fronte a questo
grande quadro ( grande anche in senso letterale ) emerge lo stile estremamente
raffinato, le intelligenti intuizioni tecniche che
sono ben lontane dalle soluzioni semplici.
E’ negli anni successivi che il ritratto
nella pittura di Degas diventa più realista rappresentando la realtà in
contesti sempre meno manierati, e dando
ai volti la medesima espressione dei corpi. E’ dal corpo, infatti, che parte
una risata ed è sul viso che sfocia.
Da attento, curioso e raffinato “uomo di
lettere”, grande influenza esercita sulla
sua produzione l’opera letteraria dei grandi di allora. A partire dagli
anni sessanta abbandona completamente i canoni classici e abbraccia uno stile
che inizia a riecheggiare i romanzi di
Zola, abbandonando ogni eleganza pittorica.
Non è più lo stile manierato che emerge, ma
il senso di tensione che detta il naturalismo del mondo contemporaneo.
I suoi ritratti si spingono, dunque , fino
alla rappresentazione della donna di Interno
identificata, per il suo naso all’insù, come una
popolana in opposizione all’uomo in abito borghese, secondo i dettami delle
scienze sociali che in quel periodo iniziavano a collegare i dati fisici allo
status sociale.
Si possono, così, ammirare le prostituire
in Donne fuori da un caffè la sera, o la Ballerina di quattordici
anni dal profilo scimmiesco che scandalizzò il pubblico. Vengono ritratte le figuranti dei teatri di
origine popolare di Mademoiselle La La al Circo Fernando che, almeno nell’immaginario
collettivo, erano destinate a prostituirsi con i frequentatori dei teatri
stessi, o le donne sorprese nel momento
dedicato al rito del bagno, lasciando la possibilità che si tratti anche di
rappresentanti dell’alta borghesia, come in Donna che esce dal bagno o,
invece, di prostitute come in Nudo
accovacciato visto di spalle.
E’, però, nel mondo della danza che emerge
il Degas che ognuno di noi ha sognato di ammirare.
Le sue ballerine sono indimenticabili.
Rappresentano la dedizione di Degas per lo
studio del corpo in movimento che viene espresso dalle sue parole: “Fare operazioni semplici, come
disegnare un profilo che non si muova, muovendo noi stessi, salendo e scendendo
per tutta una figura, un mobile un salotto, al completo (…). Fare una serie di
movimenti di braccia nel ballo, o di gambe che non si muovano, girandogli
intorno…ecc.
Infine studiare una figura in
scorcio, o un oggetto, o qualsiasi cosa (…): Escludere molto: di una ballerina
fare le braccia o le gambe, o le reni, fare le scarpette, le mani della
pettinatrice, la pettinatura tagluizzata, piedi nudi in atto di danzare…ecc.”.
Questo è il processo di analisi cui il
Mastro sottopone il soggetto, eppure, il risultato nelle sue opere non lascia
trapelare nulla di questo stillicidio operato
sulla forma attraverso il disegno, come in Fin d’arabescque
dove l’effetto è quello di
un’operazione visiva riuscita d’istinto.
E’ l’incanto dello spettatore.
In questa splendida tela, la ballerina
viene inquadrata da molto in alto, come spesso Degas preferisce, lasciando che
la forma si proietti sul piano del palcoscenico consentendo nuove prospettive.
La folgorazione, nel corso della mostra,
arriva con Prove di balletto in scena dove l’attesa del momento magico
dell’entrata in palcoscenico è rappresentato dalla grazia, la raffinatezza, i
veli dei costumi, le trasparenze, i bianchi, i morbidi ondeggiamenti di mani e
gambe.
E’ un’opera indimenticabile per quel
fantastico e reale che si sovrappongono; per l’armonico e il disarmonico che si
rincorrono; per la luce radente che congela gli abiti candidi delle danzatrici;
per la veduta dall’alto che trasmette vertigine; per la curva seducente del
palco che delinea l’orchestra; per il contrasto tra l’ombra della quinta e il
bagliore del piano in cui le ballerine attendono; per quel monocromo che va dai marroni scuri al bianco illuminato; per
quel contrasto impietoso tra le eleganti
figure e i volti civettuoli, turbati da espressioni grottesche.
Indimenticabile tela con cui Degas lancia la
sua sfida alla fotografia attraverso la sua indiscutibile arte nel
rappresentare impeccabilmente la realtà.
Questi sono alcuni dei motivi per cui non
bisognerebbe perdere questa mostra che ha già conquistato Torino.