E'
stato presentato al Torino Film Festival “Una Noche “, il primo
tassello della trilogia di Lucy Mulloy .
Che
colpo al cuore!
Cuba:
un paradiso di infelicità, una perla di povertà, uno spaccato di
natura di ineguagliabile bellezza, un luogo magico, eppure, stipato
di sofferenza e umiliazione.
Il
film “Una Noche” della regista, inaspettatamente inglese, Lucy
Mulloy, presentato alla trentesima edizione del Torino Film Festival,
è stato un vero sparo in petto.
La
storia (vera, purtroppo ) di due fratelli uniti da un amore profondo
e divisi da un incontro fondamentale, sembra scritta dal più bravo
sceneggiatore, invece, si tratta di uno dei tanti drammi cui è
condannata la popolazione di questa isola di smeraldo.
C'è
ogni aspetto di questa triste realtà: il degrado, lo sbando di
infanzie abbandonate, la repressione di una polizia cieca e piegata
al potere, l'aids, che aleggia come nebbia tra le strade e un sordo
desiderio di amore omossessuale.
Ma
il laccio al collo che riduce all'asfissia la vita dei cubani è
quell'ossessione che li domina per tutto il corso della vita: la fuga
dall'isola; l'approdo nella speranza di un mondo migliore: le coste
di Miami situate a sole (sole...) 90 miglia dalle loro coste
incandescenti come braci.
Da
lì si sviluppa la storia e il dramma dei tre ragazzi.
Ciò
che fa rabbrividire lo spettatore è lo sguardo sui turisti
sbirciati dal mondo dei cubani: la volgarità di idioti che cavalcano
moto d'acqua tra profughi allo sbando che tentano la fuga, o l'orrore
di obesi bianchi mollicci che comprano il sesso di giovani e vecchie
per due soldi e un pugno di dignità.
C'è
da vergognarsi anche ad ordinare un “Cuba libre” nei bar
alla moda se, ogni volta, non si prova un brivido al pensiero di
quanto possa essere disperato quell'urlo.
Lucy
Mulloy ha studiato filosofia, politica ed economia a Oxford e,
successivamente, si è laureata in cinema all'Università di New
York.
E'
il suo primo lungometraggio. Speriamo vivamente che non sia l'ultimo.
E'
una speranza e un augurio sincero.