Si è aperto di nuovo il dibattito circa il ritorno all’uso di energia nucleare, è di nuovo guerra tra le istituzioni.
Sono cambiate molte cose dall’8 novembre 1987, quando l’Italia rinunciò al nucleare, un anno e mezzo dopo il grave incidente di Chernobyl ; ora diventa forte il bisogno di tornare a riflettere su quella scelta, nell’intento di tutelare l’ambiente in cui viviamo e, nel contempo, dare un futuro alle nostre politiche energetiche.
Lasciando che il dibattito circa i vantaggi e i problemi che questa fonte d’energia può comportare sia affidato ai tecnici competenti, a noi resta la possibilità di valutare i percorsi che la politica ha compiuto nei confronti del nucleare e il nostro rapporto con la paura verso il rischio reale, e non solo quello percepito, a cui questa scelta ci espone.
La politica dichiarò battaglia al nucleare soprattutto dopo la tragedia dell’impianto ucraino e tutti gli schieramenti, da destra a sinistra, si proclamarono a sfavore, compreso il Pci fino ad allora filonucleare.
Eccezione furono il Partito repubblicano e quello liberale.
Tutti assolutamente convinti della bontà delle ragioni “contro”’? Forse no, ma era troppo impopolare continuare a sostenere il ricorso ad una fonte che nell’immaginario collettivo rappresentava un tabù e, i pochi coraggiosi che osarono, subirono l’isolamento e l’ostracismo dei più.
Da allora si smise di valutare con obiettività il ricorso al nucleare, e iniziò una vera strategia del terrore.
Nel luglio del 2007 in Giappone, terra fortemente sismica, un terremoto colpì la zona in cui si trova la centrale nucleare di Kashiwazaki-Kariwa. I reattori si autobloccarono correttamente, come previsto dal sistema di sicurezza, e vi fu una fuga di materiale radioattivo, tanto piccola da non comportare alcun pericolo alla popolazione circostante. Tuttavia, nella corsa verso un sistema assolutamente perfetto, il governo giapponese ordinò un’inchiesta. Nonostante le proporzioni dell’accaduto, la stampa internazionale diede clamore e risalto all’incidente mentre, paradossalmente, in quei giorni venivano pubblicate le ultime stime degli incidenti mortali causati dal traffico.
Per avere un’idea sommaria delle cifre su cui stiamo riflettendo, basterebbe sapere che le vittime dell’auto sono 6.000 l’anno, 60.000 in dieci anni, 120.000 in venti; peggio di una guerra, dunque, se si pensa che i soldati americani morti nella guerra in Iraq sono meno di 4.000…
Eppure, chi si mette alla guida di un’auto non pensa di partecipare ad una guerra; allo stesso modo, non chiuderemmo mai nostro figlio in una centrale nucleare, ma spesso ci sembra normale regalargli un motorino…
La nostra percezione del rischio e la conseguente disponibilità ad affrontarlo dipende soprattutto dalla “illusione del controllo” in forza della quale non esitiamo a guidar la nostra auto ma ci sentiamo in pericolo a bordo di un aereo, senza valutare che i rischi di incidente nel secondo caso sono infinitamente più bassi. Ci rassicura l’idea che la sicurezza dipenda da noi e questa certezza ci impedisce di tener presente i progressi raggiunti dalla ricerca nucleare in merito alla direzione degli impianti e alla minimizzazione dell’impatto ambientale, di cui i rifiuti radioattivi costituiscono la parte più problematica.
Numerosi autorevoli sostenitori del movimento ambientalista in tutto il mondo hanno portato avanti la battaglia al nucleare e poi hanno cambiato opinione, come James Lovelock, vero e proprio guru del “pensiero verde” e Patrick Moore, fondatore di Greenpeace. In Italia Chicco Testa, manager, docente universitario, membro del Parlamento dal 1987 al 1994, giornalista del “Sole 24 ore” e soprattutto fondatore, tra i più illustri di Legambiente.
L’intervento della politica in materia di nucleare non ha mai rappresentato una soluzione ma, piuttosto, un paradosso. Per esempio, il Consiglio dei Ministri, nei giorni scorsi, ha impugnato le leggi che Campania, Puglia e Basilicata hanno varato per impedire la costruzioni delle nuove centrali nucleari sul proprio territorio, adducendo che tale scelta spetti a Roma.
Paradossale che un un governo federalista impugni davanti alla Corte Costituzionale le leggi di tre Regioni imponendo, così, il potere centrale su quello locale. Paradossale che tale decisione, proposta la ministro dello Sviluppo Economico sia condivisa dal ministro per gli Affari Generali…
E, ancora, che le tre regioni in questione siano governate dal centrosinistra, soprattutto la Puglia che attualmente detiene in Italia il primato della produzione di energia solare ed eolica.
Paradossale è pensare che Enel oggi rappresenti una delle principali compagnie elettriche del mondo, di cui azionista di riferimento è ancora lo Stato Italiano. Enel ha acquisito altre compagnie elettriche europee che hanno nel loro mix energetico anche la produzone da fonte nucleare.
Valgano da esempio la centrale slovacca Slovenské Elektrarne e la società spagnola Endesa, i cui impianti nucleari contribuiscono per il 15 per cento alla produzione elettrica totale di Enel. Inoltre, importanti accordi di collaborazione sono stati siglati con EDF , il maggiore produttore al mondo di energia nucleare, per la costruzione di un reattore di nuova generazione mentre sono in corso accordi per arrivare alla compartecipazione nella proprietà di centrali nucleari russe. Che ne è stato, dunque, dell’esito del nostro referendum che oggi impedisce il ricorso a questa risorsa energetica in Italia?
Gli schieramenti politici, di destra e di sinistra, non offriranno mai una soluzione trasparente e super partes alle politiche energetiche ed ambientali fino a quando non oseranno imporre decisioni razionali e coraggiose, anche se impopolari.
Il consumo mondiale di energia continua a crescere fomentato da tre miliardi di consumatori, soprattutto nell’Asia del miracolo economico. Le fonti rinnovabili sono destinate a restare minoritarie ancora per molti decenni. Il carbone ed il petrolio esercitano la loro tirannia nel mondo sprigionando, nel contempo, milioni di tonnellate di CO2, tonnellate di ceneri tossiche , zolfo d altri inquinanti che inacidiscono le piogge. Le nostre economie sono sempre più vulnerabili al prezzo del petrolio.
Il resto del mondo ha già fatto la propria scelta a favore del nucleare.
IL suo rifiuto in Italia sembra mettere in evidenza il fragile sistema di una leadership, di qualunque colore sia. Dovremmo innescare il processo di “stabilizzazione” attraverso l’uso della logica e dell’etica, abbattere i tabù che segnalano le “azioni proibite”, ridurre gli spazi di conflittualità politica, secondo l’antico insegnamento dei classici da Platone a Kant, passando per Tommaso d’Aquino, fino a Gehlen……