lunedì 8 novembre 2010
UN EROE ROMANTICO - TANCREDI
Tancredi, opera nata sulle scene della Fenice di Venezia il 6 febbraio 1813, fu la prima opera di Gioachino Rossini rappresentata al Teatro Regio di Torino.
Tratta dalla tragedia di Voltaire, quest’ opera malinconica e brillante incanta con le prodezze e le fragilità di Tancredi, eroe siracusano, discendente dell’antica famiglia regnante.
La sua forza sta nell’amore incondizionato per Amenaide, il suo rammarico è volto alla patria ingrata dalla quale è stato esiliato.
Daniela Barcellona ben rappresenta la spavalderia e la generosità di Tancredi, la sua fedeltà all’amata con il vigore e la forza necessari. Questa splendida interprete affronta senza paura, con grande precisione,le acrobazie canore che Rossini impone, offrendo un Tancredi indimenticabile. Ottima performance anche quella di Manuela
Kuster nel secondo cast.
E’ difficile rappresentare un eroe, ancor più se donna. Segnare di sentimento le volatine, mostrando la presenza scenica di un uomo vigoroso. Sferzare colpi di spada e non lasciare che la voce cali in un gorgheggio. Affascinante se tanto talento si mostra sul palcoscenico.
Leggera e precisissima l’interpretazione di Patrizia Ciofi alle prese con la trepidante amorevolezza di Amenaide. Anche qui la voce di questa grande artista passa dal registro acuto a planate vertiginose, passando per virtuosismi magici.
La forza della storia dell’opera poggia su due “colonne”: la sacralità della guerra, l’incontrovertibilità dell’amore.
La guerra, per apparire “giusta” viene caricata di sacralità tanto da espandere senza misura il suo potenziale distruttivo. Il conflitto finisce con il coinvolgere non solo gli interessi dei belligeranti, ma la loro identità, la loro cultura, la loro fede. L’eroe diventa, dunque, una figura irrinunciabile che non prevede “alternative”, se non l’annientamento dell’avversario o la propria morte.
Ecco che nel secondo atto, quando si mette in scena l’approdo dell’eroe e del suo seguito, arriva il duetto Tancredi - Agirio che Stendhal definisce di “ ardore bellicoso e cavalleresco”, contraddistinto dal passaggio dal tono malinconico a quello eroico.
L’altro cardine della storia prende forma nell’amore disperato di Tancredi per Amenaide, e il momento di più profondo dolore è cantato nel finale ambientato in vista dell’Etna “ Ah, Che scordar non so colei che mi tradì…. L’adoro ancor dunque penar dovrò, languir ognor così! Povero cor!”. La conclusione dell’opera creò al compositore notevoli problemi di architettura ma il preludio della prima parte è di struggente bellezza , il finale un momento altamente suggestivo.
Il fascino dell’allestimento di questo Tancredi deriva da un gioco stilizzato, quasi naif, che ben sottolinea l’aspetto innocente dell’opera.
L’introduzione di marionette crea un contrasto magico: battaglioni i pupi siciliani che sembrano guerrieri malinconici, ricordano le marionette giapponesi del bunraku.
Sembra Luzzati, ricorda l’eleganza di Pizzi, ma lo stile di Yannis Kokkos risulta personalissimo ed efficace, suggestivo.
Rappresentata da un grande cast, diretta dal Maestro Kristjan Jarvi, l’opera è andata in scena al Teatro Regio di Torino nel novembre 2009, ma si tratta di un nuovo allestimento in co-produzione con il Teatro Real di Madrid, il Gran Teatre de Liceu di Barcellona ed il Teatro della Maestranza di Siviglia. Non bisognerebbe perderla.